Entra in campo indolente, sulla curva languida di una slide ed è subito chiaro che non è roba di tutti i giorni.

Mary Gauthier ha voce intensa, ruvida e diretta, ma capace di inattese dolcezze e languore, una voce che sembra condensare nel timbro il sapore degli anni: le loro lunghe ombre come i lampi di intensità che a volte li illuminano. Il suo nuovo disco, il quinto, entra in circolo con asciutta determinazione, grazie anche alla produzione magistrale di un uomo che abbiamo imparato ad apprezzare da tempo, quel Joe Henry specializzato in cicatrici, capace di fra brillare i suoni anche quando si muovono tra fumi e vapori.

La turbolenta biografia, quasi un paradigma di quell'iconografia "maledetta" tanto cara agli uffici stampa e a certo pubblico, non si esprime in impeto drammatico ma è distillata in dieci canzoni che confermano una maturità compositiva già decretata dal precedente "Mercy Now", che molti ritengono il suo capolavoro. Ma qui, nelle infinite e a volte impercettibili sfumature di grigi, piuttosto che nella dicotomia tra bianchi e neri, nella zona incerta tra la luce dei giorni e l'oscurità, osserviamo il lento, inesorabile incedere, la potente semplicità delle immagini proiettate dalle sue parole. Sospinte, da suoni essenziali e preziosi che circondano la voce, verso un punto indefinito della nostra stessa storia, between daylight and dark.

Si, è vero, queste povere righe non sono sufficienti. Ascoltatela qui

Voto al disco: 3,5/4

Carico i commenti... con calma