Chicago, 1983: Paul Speckmann (cantante e bassista) e Bill Schimdt (batterista) decidono di formare un gruppo proto-thrash, influenzato dai ben noti Motorhead, Venom e Discharghe. Il metal estremo ancora non esiste, ma i due stanno per dare il loro contributo alla sua genesi. E' l'inizio della carriera dei Master.

Dopo aver cambiato svariati chitarristi , Schmidt esce dalla band e ne causa lo scioglimento. Speckmann, allora, fonda i Deathstrike con i quali registra un album ma , alla fin della fiera, decide di abbandonare i suoi nuovi compagni e di rimettere in piedi i buoni e vecchi Master.

Esce nel 1990 il loro caustico e omonimo debutto. Trash metal violentissimo con venature death. Un disco forse non eccelso ma comunque amabile da tutti i fans di Possessed, vecchi Sepultura e Slayer. C'è anche una brutale cover di "Children Of The Grave" dei Sabbath. Non male, davvero!

Nel 1991, però, Speckman effettua tre scelte non indifferenti: cambiare nuovamente chitarrista, cacciare il buon Scmidt e abbracciare definitivamente gli stilemi del metallo mortuario. E così alle sei corde troviamo nientemeno che un giovane Paul Masvidal (noto per la sua opera con Cynic e Death) , oltre che un nuovo batterista: Aaron Nickeas. Questo "On The Seventh Day, God Created... Master", oltre ad avere un titolo altisonante, può essere considerato una pietra miliare del genere. Paragonabile, almeno per importanza, alle prime prove di Morbid Angel, Death e Carcass. La differenza tra i Master e questi nomi? I Master rimarranno sempre nell'underground.

Ma veniamo all'aspetto strettamente musicale. Nel 1991 i nostri hanno nettamente migliorato il loro approccio agli strumeni. I riff di Masvidal sono certificati di garanzia e lo stesso discorso lo possiamo fare per il basso di Speckmann. Un po' sottotono, invece, la batteria. Ma nel complesso, il disco spacca e stupisce.

Tralasciando la malevola eppur condivsibile "American The Pitiful" (brano denigratorio nei confronti degli USA), si procede con due mazzate ben assestate sulla capa dell'ascoltatore: "What Kind of God" e "Latitudinarian". Il disco procede con altri momenti mozzafiato come la thrashaggiante "Used" e la supersonica "Demon". Chiude le danze di questo capolavoro "Submerged In Sin", uno dei brani cronolagicamente più lunghi del disco.

Se il Death e il metal estremo figurano tra i vostri generi prediletti, ripescate immediatamete il secondo parto dei Master! Un death senza troppi fronzoli , certamente figlio dei suoi tempi. E che tempi signori!

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