La musica di 007 è un documentario sulla musica dei primi 25 film di James Bond e in particolare sulle canzoni che storicamente accompagnano i titoli di testa di questa serie cinematografica. È stato prodotto da Amazon, è disponibile gratuitamente per gli abbonati Prime (insieme a tutti i film della serie prodotta da EON e distribuita da MGM, comprata per l’appunto da Amazon l’anno scorso per quasi otto miliardi e mezzo di pregiati dollari americani), e fa parte di una serie di celebrazioni per i 60 anni della serie insieme con un album di arrangiamenti orchestrali delle 25 sigle uscito lo scorso settembre, un concerto di gala alla Royal Albert Hall tenutosi il 4 ottobre, e vari altri eventi.

C'erano diversi modi validi per trattare questo argomento: esaminare cronologicamente ogni film e ogni sua colonna sonora e canzone, oppure stilare una classifica di vendite, popolarità o gradimento del pubblico, o ancora concentrarsi su un discorso più generale scegliendo certi specifici highlight per illustrare certe specifiche caratteristiche; La musica di 007 sceglie quest’ultimo metodo. Di conseguenza mancano molte canzoni, anche belle e famose, e in base al gusto personale dello spettatore questo può rappresentare una grave falla del film: nel mio caso, ad esempio, mancano ben due delle mie preferite, ovvero quei capolavori di You Only Live Twice (se ne sentono alcuni istanti e si parla dell’esperienza lavorativa di Nancy Sinatra, ma non della canzone) e You Know My Name (totalmente ignorata, non se ne sente nemmeno una singola nota e il nome di Chris Cornell viene pronunciato solo en passant).

Nonostante ciò, il documentario è così ricco e ben confezionato che gli si perdonano delle mancanze. Più ancora che la regia di Mat Whitecross, specialista in videoclip, una lode specifica la merita in particolare il montaggio di Paul Monaghan, che sarebbe potuto essere potenzialmente caotico data la mole di numerosissimi e diversissimi materiali che utilizza, fra cui spezzoni di film, backstage, filmati di repertorio, interviste concesse per l’occasione e quant’altro, e invece scorre liscio e piacevole anche grazie all’apporto dell’animatore Walter Ventura, che sovrappone alle immagini le tradizionali soluzioni stilistiche bondiane, come i puntini che diventano l’inquadratura gun barrel, i filtri colorati e tutte le varie idee grafiche che caratterizzano le sigle di 007 fin dagli anni ‘60.

Essendo un prodotto celebrativo per i 60 anni e i 25 film del franchise, si sceglie di concentrarsi prevalentemente sull’inizio e la fine (per ora), ovvero John Barry con Shirley Bassey e Hans Zimmer con Billie Eilish, ma questo non vuol dire che tutto quel che c’è in mezzo venga trascurato. Anzi, il documentario è così ben fornito da potersi persino permettere di dichiarare candidamente che non tutte le theme song sono riuscite o popolari, prendendo ad esempio proprio la mia amatissima Another Way to Die (sigla dell’ingiustamente bistrattato Quantum of Solace), descritta nel dettaglio da Jack White coi capelli azzurri e riabilitata in tutto il suo splendore.

Per il resto, La musica di 007 presenta la storia e gloria della dinastia dei Bond: che meraviglia scoprire la vicenda produttiva di We Have All the Time in the World di Louis Armstrong (incorporata volontariamente nella OST del film No Time to Die come presagio del tragico finale, e non aggiungo altro per non spoilerizzare), o sentire George Martin che racconta la nascita di quella bomba di Live and Let Die dei Wings, o emozionarsi con la perla melodica Nobody Does It Better di Carly Simon, o ridere coi Duran Duran felici come bambini di poter contribuire alla serie con A View to a Kill, o vedere con che entusiasmo e umiltà Billie Eilish e Finneas O’Connell hanno proposto la loro No Time to Die.

Alla fine l’unica parte poco riuscita del documentario è quella in cui si parla della collaborazione con Amy Winehouse, non concretizzatasi per via della prematura morte della cantante: la vicenda è raccontata con uno stile televisivo, da rotocalco per casalinghe del pomeriggio, con dissolvenze incrociate e primissimi piani strappalacrime. Una piccola caduta di stile, ma per fortuna il segmento non dura che un paio di minuti.

In conclusione, La musica di 007 potrebbe risultare interessante solo per i fan, for your eyes only diciamo, ma è anche un'ottima introduzione per i neofiti, e non solo al tema principale che tratta, ma alla visione generale dei film, fornendogli una chiave interpretativa musicale niente affatto banale: per un personaggio relativamente poco loquace, poco espressivo e poco identificabile con lo spettatore medio come James Bond, la musica non serve da accompagnamento o da atmosfera, ma svolge la precisa funzione psicologica di rivelare al pubblico i pensieri, le emozioni e il percorso interiore del protagonista. Una tecnica apparentemente banale, ma che raggiunge momenti di inaspettata raffinatezza quando applicata al meglio, come fa David Arnold nella OST di Casino Royale: in questo film di rifondazione del mito, James Bond è ancora una spia alle prime armi e per tutto il tempo non si sente mai il celebre tema della serie (se non sotterraneo e camuffatto all’interno di altri brani), ma quando nel glorioso finale il personaggio si erge nel suo valore e pronuncia il suo nome, ecco che la musica esplode a tutto volume come fosse ciò che Bond stesso sta sentendo nella sua testa. Meraviglioso.

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