La politica guerrafondaia americana degli ultimi anni, sembra aver trovato soprattutto nel rock (Radiohead e Pearl Jam su tutti) i più accesi contestatori. L’elettronica viceversa ha sempre dato l’impressione di non prestare troppo interesse agli sconvolgimenti politici, mostrandosi più ossessionata dalla ricerca di nuovi suoni o ritmiche adatte ai club modaioli .
Interrotte le sperimentazioni (il precedente “A Chance To Cut Is A Chance To Cure” campionava i rumori di una sala chirurgica), i Matmos realizzano un nuovo lavoro che può essere considerato a tutti gli effetti un concept album apertamente schierato contro i “signori della guerra” passati ed attuali. “The Civil War” ripercorre i grandi conflitti degli ultimi due secoli, dalla guerra civile americana al recente Iraq, situazioni che cambiano d’ epoca, motivazioni e modalità ma che oltre ad avere le stesse agghiaccianti conseguenze di morte sembrano poter avere anche stessa colonna sonora.
Andrew Daniel e Martin Schmidt partono manipolando il folk inglese, “Zock” e “Regicide” sono marcette belliche scandite da tamburi e cornamuse, strumenti tradizionali trascinati fin dalle prime note in un affascinante scontro sonoro con il “nuovo musicale” che avanza rappresentato da campionatori e sintetizzatori.
La battaglia senza luogo e senza tempo, di cui abbiamo assistito la preparazione nelle note precedenti, entra nel vivo con “Reconstruction”, traccia che subisce per diversi minuti una mutazione degna del miglior Aphex Twin.
Da “For The Trees” in poi l’atmosfera rallenta, i toni si fanno più pacati, gli elementi che in apertura dettavano tempi più incisivi, vengono rimpiazzati da chitarre pedal steel e banjio, a tratti è il country ad essere riletto in chiave elettronica.
Se si esclude la folle ed ironica “The Stars And Stripes Forever” (l’ inno americano eseguita da una brass band composta da campionatori), è forte l’impressione che il nostro viaggio si stia concludendo e che i Matmos ci stiano conducendo nell’immancabile calma dopo la tempesta, in un surreale scenario post-bellico.
Struggente “The Struggle Against Unreality Begins”, da nodo alla gola il pianoforte di “For The Trees (Reprise)”, emozionanti atti conclusivi di un pesante atto d’accusa che ci fa riscoprire il lato meno freddo e distaccato dell’elettronica.
Carico i commenti... con calma