Quale sogno è più grande per il genere umano che quello di mettere finalmente il piede sulla superficie del pianeta Marte?

Niente è comparabile a una impresa così grande.

La più grande impresa possibile dopo quella del primo allunaggio di un essere umano, il 20 luglio 1969. Allora furono Neil Armstrong e Buzz Aldrin a mettere piede sulla Luna ('Un piccolo passo per l'uomo, un grande salto per l'umanità...') mentre il loro compagno Michael Collins controllava il modulo di comando Columbia.

Per quanto mi riguarda la definizione data da Neil Armstrong all'atto di mettere piede sulla superficie del nostro satellite è corretta: quello fu un grande salto per l'umanità. Il più grande salto possibile e quello che dopo migliaia di anni di storia del genere umano (inteso quale 'homo sapiens') ha cambiato definitivamente ogni nostra possibile prospettiva sul piano evoluzionistico e per quello che riguarda anche la stessa sopravvivenza della specie.

Questo nonostante chiaramente possa apparire prematuro fare discorsi di questo tipo.

Nel senso che sebbene io sia convinto che arriverà il momento in cui sarà indispensabile, necessario per la sopravvivenza della specie abbandonare questo pianeta, non credo che questa necessità sia così imminente come le ipotesi più catastrofiste vogliano lasciare intendere.

Che non significa ovviamente che io sia poco attento a quelle che sono le evidenti problematiche relative il degrado 'ambientale' del nostro pianeta e questioni come il riscaldamento climatico. Che sono una realtà.

Ma penso che l'uomo in qualche maniera riuscirà ad adattarsi e 'tenere botta' ancora per un bel po' prima che abbandonare questo pianeta o comunque trovare soluzioni alternative diventi qualche cosa di impellente. Anzi, credo, sono fermamente convinto che arriveremo a fare questo passo spinti da ragioni di convenienza economica prima ancora di essere messi letteralmente alle corde.

Allo stesso tempo non credo che questo momento sia già arrivato e che queste prospettive in quanto tali ci appaiano in qualche maniera lontanissime e indefinite nel tempo.

Cosa potrebbe spiegare altrimenti la poca attenzione generale al viaggio nello spazio?

La ricerca scientifica progredisce, questa è inarrestabile e continuerà a esserlo. Lo è stata persino negli anni dell'oscurantismo ecclesiastico: la storia ci racconta dell'atto di abiura di Galileo Galilei. Questo succedeva nel 1633. Eppure il suo contributo alla storia e alla scienza costituisce comunque una realtà.

Niente può impedire il progresso tecnologico e quello scientifico perché esso stesso è una conditio sine qua non dell'esistenza umana.

Questo può rallentare, almeno in apparenza, ma in realtà è un processo che non si è mai arrestato sin dalle origini della nostra storia 'cosciente' e del resto l'abbattimento definitivo di ogni barriera geografica non ha fatto altro che accelerare ancora di più questo processo: questo è evidente dalla storia degli ultimi cento anni.

Il superamento di quelle che possono essere barriere di tipo ideologico sarebbe idealmente lo step successivo, ma è evidente, guardandoci attorno, che per arrivare a questo punto ci sia ancora molta strada da fare. Potremmo persino non arrivarci mai, considerando che queste sono strettamente legate a interessi di natura economica che costituiscono - è evidente - essi stessi un'altra condizione tipica del genere umano.

In definitiva non stiamo ancora andando su Marte. Non ancora e non escludo la possibilità che non ci andremo mai, perché questo al momento non risulta conveniente e potrebbe non risultarlo mai. Allo stesso modo in cui nel frattempo nuove scoperte potrebbero rivelarsi molto più convenienti e interessanti per quello che riguarda l'esplorazione e il viaggio nello spazio.

Escludo la possibilità che andremo su Marte a breve termine per due ragioni fondamentali. La prima è di ordine pratico. È evidente che la nostra tecnologia non è ancora così avanzata da poter sostenere un viaggio sul 'Pianeta Rosso' e quella che sarebbe la conseguente creazione di una colonia autosostenibile.

Diverse simulazioni in tal senso hanno rivelato che questa possibilità allo stato concreto non costituisce (ancora) una realtà.

Questo a dispetto delle dichiarazioni di Bas Lansdorp e del progetto Mars One, una delle più grandi prese in giro globali per quello che riguarda l'esplorazione nello spazio.

Del resto è evidente che solo una operazione congiunta delle maggiori potenze mondiali (in particolare gli USA e la Cina) con quelle che sono realtà concrete e solide e veramente illuminate del mondo imprenditoriale, penso ovviamente alla mente più brillante della nostra generazione, cioè Elon Musk, potrebbe rendere possibile una operazione di questo tipo.

Ma non ci sono interessi politici sufficienti per portare avanti questo tipo di operazione (Barack Obama alla fine del 2016 aveva dichiarato che entro il 2030 gli USA sarebbero andati su Marte, ma dubito che questo succederà...) e la situazione internazionale attuale non è esattamente all'insegna della cooperazione tra le diverse potenze mondiali.

Inoltre è evidente che per quanto affascinante, l'operazione non sia di per sé abbastanza conveniente economicamente da attrarre l'interesse pure di un imprenditore e inventore brillante come Elon Musk, che per quanto interessato allo sviluppo tecnologico in ogni suo possibile aspetto, non trascura sicuramente quelli che sono i suoi 'affari'. Né si imbarcherebbe alla cieca in un progetto senza fondamento come potrebbe essere allo stato attuale il tentativo di fondare una colonia su Marte.

Ciononostante sperimentazioni e ricerche in tal senso procedono e continueranno giustamente a andare avanti finché non si arriverà a un successivo punto di sblocco e finalmente l'uomo ritornerà a viaggiare nello spazio.

Simultaneamente alla ricerca scientifica in laboratorio del resto procedono anche quelle che sono vere e proprie 'simulazioni' di missioni spaziali, come quelle condotte dal progetto HI-SEAS (Hawaii Space Exploration Analog and Simulation).

Il progetto, che conta già cinque missioni compiute (la prossima partirà nel 2018), prevede la simulazione della creazione di una colonia marziana in un habitat il più possibile simile a quello del pianeta rosso e locato sull'isola delle Hawaii sulle rupi del vulcano Mauna Loa.

I propositi della sperimentazione sono vari: di tipo scientifico e anche di tipo sociale e riguardante la convivenza tra i diversi soggetti coinvolti.

Ne consegue, è evidente, che l'importanza di questo tipo di missioni sia in ogni caso centrale a prescindere da se verrà compiuto prima o poi un viaggio su Marte e la fondazione di una prima colonia di pionieri sul suolo marziano.

Prendendo spunto da questa tipologia di simulazioni e allo stesso tempo attingendo a piene mani dall'immaginario fantascientifico e spaventoso dell'horror, abbiamo questo bel film di fantascienza indipendente scritto e diretto dal regista statunitense Matt Osterman.

Il film si intitola '400 Days' e che io sappia (ma posso sbagliare) non è mai uscito nelle sale italiane, mentre è stato diffuso negli Stati Uniti e in altri paesi (ad esempio in Australia) a partire dalla fine del 2015.

Interpretrato da Brandon Routh, Caity Lotz, Ben Feldman e Dane Cook, il film racconta di una sperimentazione ipotetica con la quale quattro potenziali astronauti compiono una simulazione dalla durata di 400 giorni sul pianeta Terra e in un bunker sotterraneo (in cui è stato ricostruito l'ambiente di una ipotetica astronave) per studiare gli effetti a lungo termine del viaggio nello spazio.

Chiaramente i quattro soggetti hanno tutti e quattro delle loro caratteristiche caratteriali peculiari e, come scopriremo nel corso del film, una storia più o meno complicata alle spalle. Quando viene presto evidenziato come i soggetti siano stati scelti dal capo della missione proprio anche a causa di queste loro particolarità.

Un processo paradossalmente inverso a quello che di solito si ritiene dovrebbe portare alla scelta di degli uomini per una missione così delicata e che fa pensare ad esempio a un altro dei film di maggiore successo nel genere degli ultimi anni, cioè 'Das Experiment' di Oliver Hirschbiegel (2001), basato sugli eventi verificatisi nel carcere di Stanford nel 1971 e di cui sono stati fatti ben due remake.

Il film tuttavia si divide idealmente in due parti.

La prima parte riguarda strettamente gli avvenimenti nel corso dei 400 giorni di 'internamento' e quelle che sono sia le dinamiche tra i quattro soggetti coinvolti, sia i profili e le reazioni psicologiche dei singoli a quella che è una evidente situazioni di stress.

La seconda parte invece si sviluppa praticamente a partire dagli ultimi giorni dell'esperimento, quando diversi avvenimenti cominciano a disturbare il normale procedere degli eventi.

A questo punto invero il film si cala in una atmosfera che riprende alcune esperienze del cinema fantascientifico classico a partire dagli anni cinquanta e immaginari tipici di 'The Twilight Zone' e con degli sviluppi che risultano assolutamente imprevedibili considerando quelle che sono le premesse del film.

Che del resto ha un finale aperto e che lascia lo spettatore giustamente interdetto su quelli che sono stati i fatti cui ha assistito e quello che sarà il destino che attende i nostri eroi.

Oggettivamente un bel film, nonostante il budget limitato o forse proprio a causa del budget limitato, confermando in questo senso che le migliori produzioni nel genere sono oramai quelle indipendenti o comunque low-cost e dove si è costretti a ricercare una formula anche semplice, ma che comunque sia accattivante e che abbia dei contenuti di natura psicologica, invece delle grandi produzioni hollywoodiane che del resto appaiono esse stesse oramai come dei veri e propri colossali dinosauri che una forzata devianza nei processi evolutivi, costringe a vederci proporre dal grande cinema americano (e non solo).

Diviso tra la fantascienza di Kubrick e quella televisiva di Rod Serling, Matt Osterman con '400 Days' realizza un piccolo capolavoro e una esperienza emotiva forte e che intrappola letteralmente lo spettatore davanti allo schermo, come i quattro potenziali astronauti ai loro compiti di portare a termine una missione che all'atto pratico non esiste e che forse alla fine si rivelerà non avere alcuna ragione di esistere. Oppure no...

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