Diciamoci la verità, è inutile girarci intorno e fare spallucce da snob: Sanremo rappresenta un'opportunità maiuscola. Per quanto possiamo deturpare la keremesse, per quanto Pippo Baudo ci può stare sui maroni e per quanto ogni anno resuscitino apposta una vecchia gloria (?) della canzone italiana (stavolta Toto Cutugno, direttamente da Sharm El Sheik, vista l'abbronzatura), per artisti come il nostro Max Gazzè Sanremo rappresenta un'occasione da non fallire per reimporsi al grande pubblico.

Se poi al Festival ci vai pure con una canzone che insieme a quella di Tricarico era la migliore in gara, allora Sanremo è meglio del Botox e del Viagra per rilanciarti alla grande. Non ci credete? Provate a guardarvi un pò intorno: basta smanettare un pò sull'autoradio per trovare "Il Solito Sesso" su quasi ogni stazione, e la cosa non può non fare piacere. Già, perchè "Il Solito Sesso" è davvero un bel pezzo, uno swing morbido che non puzza di naftalina come quello di Micheal Bublè, con un bel testo liscio e intrigante.

Ma si sa, non si vive di soli singoli, e quindi il buon Gazzè nell'album ci da' dentro, mettendo a segno un paio di colpi di quelli buoni. L'opener "L'Evo dopo il medio", ad esempio, in duetto con Carmen Consoli (che suona anche le chitarre elettriche); "Siamo come siamo" (molto new-wave), e "Mostri", tipicamente à la Gazzè.

Il suono è sempre quello del bassista romano: pop-rock un po' elettronico a metà tra Battiato e i New Order, anche se molto più "organico" delle altre volte. Altri pezzi degni di nota sono "Crisalide", con un intro di synth molto 80's, e "Un ultimo cielo", ballata dall'andatura strascicata perfettamente adatta alla voce (non straordinaria) di Max. In definitiva, un bell'album, ben suonato e ben prodotto, ma, a voler proprio essere sinceri, su cui grava l'impressione generale che manchi un altro singolo forte come "Il Solito Sesso". Peace.

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