Mi sorprende che Max Ophüls non compaia nelle conversazioni su questo sito, ma forse ha senso: i suoi film hanno un linguaggio raffinato, troppo sofisticato per un’epoca che preferisce la brutalità mascherata da onestà. Ophüls parla con specchi, scale e carrellate che fluttuano come i ricordi. Le sue eroine non sono le “donne forti” di oggi né le bambole indifese di ieri; sono persone reali, con contraddizioni e fragilità.

Come molti registi tedeschi, Ophüls fuggì dalla Germania nazista e lavorò a Hollywood negli anni ’40. Caught (solito melodrammatico titolo italiano “Presi nella morsa”, 1949), il penultimo dei suoi film americani, smonta il mito di Cenerentola con feroce eleganza. Se Hollywood vende il matrimonio come un jackpot, Ophüls lo mostra come una trappola. 

Leonora, interpretata da Barbara Bel Geddes (la “Miss Ellie” di Dallas), è una modella che ha trascorso cinque anni a Los Angeles senza sfondare. Bel Geddes porta nel ruolo una naturalezza insolita per le eroine noir: la sua mancanza di glamour rende credibile il suo insuccesso. Quando finalmente incontra il suo “principe” - un magnate della finanza interpretato da Robert Ryan, in versione quasi trasparentemente ovvia di Howard Hughes inclusiva di sadismo - scopre che un palazzo può essere una prigione.

Questo è l’anti–Pretty Woman. La favoletta di Garry Marshall del 1990 termina con la fantasia zuccherosa intatta: un uomo ricco salva una donna povera, baci e abbracci nei titoli di coda. Ophüls, quattro decenni prima, mostra cosa succede dopo il bacio sul balcone: la gabbia dorata, il senso di soffocamento, la consapevolezza che i soldi comprano pellicce, non felicità eterna, senza retorica dozzinale e con esempi concreti.

In una delle mosse più audaci del cinema classico hollywoodiano, Ophüls lascia intendere che la libertà può derivare non dal romanticismo, ma dalla perdita. Il film sussurra ciò che pochi osavano allora e osano ancora oggi: che quello che viene retoricamente chiamato una benedizione, può essere la catena più pesante.

Le fiabe promettono un “e vissero felici e contenti”. Ophüls, con molto più realismo, mostra che la scarpetta di cristallo può stringere.

Disponibile su Internet Archive, anche se erroneamente catalogato come noir.

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