Posticipato di sei mesi causa Covid, è uscito, finalmente, il 30 ottobre 2020 "Qualcosa di nuovo", il quinto album di Max Pezzali da solista, l'undicesimo se si contano anche i sei partoriti sotto il nome 883. Alcune canzoni le conoscevo già: da "Welcome to Miami (South Beach)", che ha segnato la mia estate 2019, fino a "In questa città" e "Sembro matto", cioè le tre che sono uscite come singoli prima dell'uscita dell'album. L'album l'ho ascoltato attentamente più di una volta, dalla canzone numero 1 alla numero 12. "Qualcosa di nuovo" è carina, ma la trovo troppo di circostanza, poi il video con Fabio Volo non è che mi entusiasmi più di tanto; "Non smettere mai", pure mi sa di trito e ritrito, banalotta, ecco; sicuramente non nuova nei temi, ma decisamente più godibile è "7080902000", con l'ormai immancabile J-Ax, che aveva ospitato Max lo scorso anno ne "La mia hit". "I ragazzi si divertono" è forse quella che mi è piaciuta di meno, o in ogni caso che mi ha lasciato non molto dopo l'ascolto. "Più o meno a metà" invece è una bella riflessione sul tempo, per un Max ormai quasi 53enne, una canzone che merita sicuramente di essere ascoltata più di una volta. Ed è a questo punto che si trova il "capolavoro" del disco, che risponde al nome di "In questa città" (frase che, peraltro, ricorda un altro classico di Max, "Come un deca"). Non voglio fare l'esagerato, ma questo pezzo per me entra di diritto nelle più belle canzoni dedicate a Roma, magari non sul livello de "La sera dei miracoli" di Lucio Dalla o su più di una di Venditti, ma tra le canzoni moderne su Roma raggiunge un risultato altissimo. Per me è la migliore dell'album nonché dell'intero canzoniere di Pezzali da Pavia. "Se non fosse per te", così come "Non smettere mai", la trovo nella media, senza infamia e sicuramente senza lode. "Sembro matto", invece, complice anche l'intervento vocale dell'ex Sottotono Tormento, risulta un gran pezzo d'amore, e credo che negli anni resterà. Poi c'è il dittico "Noi c'eravamo" e "Siamo quel che siamo", ennesime canzoni che marciano sulla retorica del "Noi", dell'adolescenza, della provincia, insomma temi già ampiamente trattati da Max. Però tra le due la seconda mi piace di più, specie quando dice "siamo sogni, aspettative e poi realtà". Sull'intervento "trappato" di Gionny Scandal non mi pronuncio, diciamo che c'è, ma anche se non ci fosse stato il pezzo sarebbe stato forte lo stesso. La penultima traccia, "Il senso del tempo", è una canzone pure da non trascurare, sebbene non tra le tre migliori dell'intero lavoro. Mi emoziona quando nel ritornello fa "oh oh oh", sul quarto verso. Melodia che sa di già sentito, si intenda, ma che ottiene sempre il suo risultato. Infine, arriviamo alla fine del viaggio, con "Welcome to Miami (South Beach)", una canzone che forse messa così stona con il clima emotivo e musicale del disco. Ma non dimentichiamoci che questo lavoro è stato cambiato "work in progress". Diciamo che Max voleva fosse un disco vacanziero, ma alla fine si è ritrovato con un disco esistenziale e sentimentale. "Welcome to Miami" è comunque tra le più apprezzabili di "Qualcosa di nuovo", un disco il cui titolo, secondo il sottoscritto, non corrisponde poi alla proposta di Max che, a parte l'exploit di "In questa città", ci propina "ben poco di nuovo", sia nei temi, sia nei ritmi delle canzoni. Per questo motivo l'album per me non raggiunge le tre stelle, magari 2,5 sì, ma per una sufficienza piena ci sarebbe voluto davvero... "Qualcosa di nuovo".

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