Una quindicina d’anni fa, per festeggiare una promozione scolastica, mi fu regalata un’enciclopedia dell’hard rock ed heavy metal edita da un’allora (ed ancor oggi) famosa casa editrice specializzata nel settore. Fra le centinaia di band trattate dall’autore e le migliaia di dischi recensiti, la mia attenzione cadde sui Max Webster, band canadese che sembrava aver prodotto diversi album di hard rock progressivo, sulla scia dei conterranei Rush.
Incuriosito dall’ottimo giudizio espresso nell’enciclopedia, cercai in tutti modi di acquistare gli album del gruppo nei mesi successivi, constatando come il gruppo fosse del tutto ignorato in Italia e non fosse possibile reperire i loro lavori, in particolare il presunto masterpiece Universal Juveniles del 1980. Qualche anno dopo, approfittando di un viaggio di lavoro di mio padre negli USA, gli chiesi di procurarmi gli album degli Websters, ma anche quel tentativo di rivelò infruttuoso… per cui abbandonai le ricerche e mi dedicai, nel successivo decennio, ad altri interessi musicali e no.
Navigando in internet, qualche mese fa, tornai ad imbattermi nel nome del gruppo e riuscii a procurarmi, grazie alle mirabilie del trading on line, quell’Universal Juveniles che tanto avevo cercato due lustri addietro.
Arrivati a questo punto i lettori di Debaser potrebbero domandarsi se sia valsa la pena di attendere tanto e, soprattutto, se di tratti di un album da consigliare anche ad altri: a mio avviso, ci sono almeno quattro buone ragioni per acquistare e/o ascoltare Universal Juveniles.
La prima è che si tratta effettivamente di un ottimo album (la mia vecchia enciclopedia non mentiva) in cui hard rock, prog rock e fusion sono mescolati con gusto e perizia dal chitarrista/cantante Kim Mitchell e dal resto della band: a riprova di ciò si ascoltino l’iniziale In The World of Giants, contraddistinta da un riff fulminante ripetuto da chitarra e tastiere e da un ottimo drumming, sui quali si staglia il cantato aggressivo del leader della band; ottimi anche lo strumentale Check, che può ricordare certi pezzi dei Rush di quegli anni (penso a YYZ, contenuto su Moving Pictures dell’81), ed il blues rock con venature prog Battle Scar, dall’incedere trascinante e dagli splendidi cori. Atipiche Chalkers, in cui chitarre e tastiere si concedono un break centrale di derivazione fusion e jazz rock, e Blue Rivers Liquor Shine, con delle concessioni al rock fm, sebbene contraddistinta da arrangiamenti articolati. In questo quadro non sfigurano gli altri pezzi dell’album, tutti accomunati dal chitarrismo sfrenato di Mitchell, quali le aggressive Juveniles Don’t Stop, Drive and Destre, What You Do With Urge, la ritmata April in Toledo, la conclusiva Cry of Your Life, forse il brano più duro e granitico dell’album. Alcuni samples dei pezzi sono ascoltabili nel sito ufficiale del gruppo segnalato a fianco, peraltro molto ricco di informazioni.
La seconda ragione per cui l’album merita un ascolto, soprattutto dai fan di certo prog rock, è che si tratta del lavoro più affine – sotto il profilo qualitativo – al sound dei Rush di Permanent Waves e Moving Pictures che abbia mai sentito, rivisitando le stesse atmosfere del trio canadese, a tratti con la stessa perizia tecnica, risultando un’eccellente panacea per chi mal digerisce i lavori “elettronici” dei Rush dai primi anni ’80 in poi e spera in un ritorno al mood dell’epoca.
La terza ragione è che in Universal Juveniles…. suonano gli stessi Rush, grandi amici e fan di Kim Mitchell e del suo paroliere Pye Dubois, il che spiega, concretamente, le riscontrate affinità fra i due gruppi. Lascio ovviamente all’ascoltatore il gusto di scoprire in quali brani sono ospiti a turno Lee, Lifeson e Peart, segnalando come in uno dei migliori pezzi dell’album le due band suonino contemporaneamente.
L’ultima ragione è che i Max Webster non li conosce nessuno, né in Italia né negli USA, mentre risulta siano idolatrati in Canada. Visto che al Canada dobbiamo Neil Young, Leonard Cohen, Joni Mitchell, Rush, Voivod, Chilliwack (e ne dimentico sicuramente altri)… non vedo perché non concedere un’occasione anche ai Websters: fa pure snob, oltre che bene allo spirito.
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