Alcuni elementi avvicinano la musica di questo tedesco che pubblica per la Kitty-Yo a Jeff Buckley. Ma è anche vero che molte di più sembrano richiamarlo pur essendone all'opposto estremo.
Non preoccupatevi spero di essere più esplicito nelle prossime righe.

Vediamo le similitudini: voce angelica ed ispirata, grande propensione alle melodie non scontate seppur pop e una attenzione maniacale agli arrangiamenti ed ai testi delle proprie creature. Ma in Hecker l'epicità e l'innata propensione all'esplorazione della propria anima musicale (e non solo) si trasformano in intimismo e ricerca di protezione sia da dare che da ricevere. Le complesse cavalcate chitarristiche diventano accennate linee melodiche di pianoforte con l'aggiunta di qualche arco (come sempre un po' troppo piacioni). Gli inarrivabili amori e le sfide (addirittura ossessive e preveggenti!) esistenziali sono qui invece labili canzoni scritte con sospiri d'amore su appassiti petali di rosa.
Particolare menzione meritano la elettroballata velvettiana "Help Me" (singolo), l'iniziale "Birch" e le "islandesi" "Dying" e "Yeah, Eventually She Goes" (hey, qui Max ha inserito una chitarra distorta!).
Romanticismo quindi, a piene mani. Per chi ama Jay-Jay Johanson, Stina Nordenstam, fors'anche Yann Tiersen... e stringon forte il cuscino sapendo che lui, purtroppo, non andrà via.

Elenco tracce e video

01   Birch (06:10)

02   Anaesthesia (04:32)

03   Summer Days in Bloom (03:52)

04   Daze of Nothing (03:12)

05   Everything Inside Me Is Ill (03:44)

06   Full of Voices (02:26)

07   Help Me (04:24)

08   Snow (03:07)

09   Dying (04:00)

10   Yeah, Eventually She Goes (06:25)

11   Lady Sleep (10:23)

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Altre recensioni

Di  just_a_dream

 Una voce calda e limpida ti stringe il cuore sussurrandoti parole dolci su melodie perfette.

 Il piano diventa strumento struggente in canzoni come "Help Me" o "Dying", quattro minuti di pura armonia artistica.


Di  Mariaelena

 Lady Sleep poté addormentarsi nella convinzione che la speranza sarebbe vissuta nel nuovo giorno come un dono sacro.

 Gli occhi verdi di Lady Sleep, grossi e dolci come quelli di un cerbiatto, erano lucidi e sbarrati come se volessero sussurrare qualcosa all’anima.