Oh eccoci di nuovo a parlare di uno di quei film che ancora oggi mi lascia un sacco di dubbi addosso: "The Passion", targato Mel Gibson, è uscito prepotentemente nelle sale di tutto il mondo nel 2004. Gibson è reduce del successone di Braveheart, film da molti amatissimo, non dal sottoscritto; un bel giorno si alza dal letto, e decide di portare sullo schermo la sua versione personalissima delle ultime ore di vita di Gesù Cristo. Un'operazione assai rischiosa, che fino ad allora è stata affrontata sullo schermo in lavori interessanti come "The Last Temptation Of Christ" del maestro Martin Scorsese, un'opera controversa ma dotata di una messa in scena maestosa, degna del marchio di fabbrica del regista italoamericano, e altri come "Gesù di Nazareth" di Zeffirelli, che personalmente peccava in una forma un po' troppo televisiva, nonostante un perfetto Robert Powell, fino al grandioso "Jesus Christ Superstar" di Norman Jewison, ancora oggi quello che è a mio parere non solo il musical più bello di tutti i tempi, ma anche probabilmente la miglior pellicola su Gesù Cristo mai realizzata.

"The Passion" uscì e scatenò non poche polemiche, visto l'innumerevole alto tasso di violenza, in cui il nostro protagonista non viene lasciato in tregua per un attimo, e viene continuamente sbattuto da una parte all'altra in sequenze che sfociano in una messa di cattivo gusto, costringendo lo spettatore ad assistere a mutilazioni, frustrate e derisioni sentendosi quasi colpevole nella visione di tale estremità. Tuttavia il film potrebbe riacchiudersi in tutto questo, semplicemente. Gibson fa il suo compitino, è uno degli incassi maggiori della sua carriera, eppure i difetti che vengono fuori non sono pochi. L'atmosfera del film è marcia, fredda, non riesce a sfociare in niente di speranzoso proprio a causa della presenza fin troppo compiaciuta delle sequenze di sadismo che occupano il 90% della pellicola, trascinando il film in un abisso di violenza fine a se stessa che non porta a nulla di costruttivo o che acquisti potenza dal punto di vista artistico. Basti pensare alla sequenza delle frustate, con i sadici soldati romani che paiono usciti da un film di Eli Roth, o la stessa salita sul Calvario, esagerata e frastornante, che rischia di appesantire il film e portare alla noia. Non c'è amore, non c'è pietà, e soprattutto non c'è ritmo. Gibson si limita ad esagerare, aggiungere sequenze violente per gli amanti dei film estremi, con l'intento di fare entrare bene in testa la sofferenza di Gesù Cristo. Per certi versi si può pensare sia riuscito in questa intenzione, poiché le sequenze di violenza, seppur tecnicamente poco incisive in quel senso, riescono ad acquistare potere unicamente grazie ad un trucco e parrucco magistrale, e un'interpretazione molto convincente di James Caveziel.

Il film è la sagra dello splatter sul piano visivo: sangue che schizza a fiumi, carne letteralmente strappata dal corpo, ossa spezzate, occhi cavati, e una profondità pari a un materiale pornografico su questo punto di vista. Gli unici momenti di respiro si hanno in alcuni flashback all'interno della pellicola che precedono le sequenze shock, ma oltre ad essere tremendamente corte non abbracciano abbastanza lo spettatore, ancora rintontito, e nemmeno aggiungono più di tanto a fine visione, sembrano inserite giusto per rendere il film quasi bipolare. A renderlo un minimo decoroso sono le belle scenografie (il film è stato girato nei pressi di Matera), e la scelta furba ma d'autore per certi versi di girarlo in lingua aramaica e latina, sebbene approssimativo come risultato. Nel cast, oltre al buon Caveziel, troviamo tanti attori nostrani: ho apprezzato molto Rosalinda Celentano nei panni di Satana, una delle cose più riuscite nel film, sebbene sia stata a mio parere poco sfruttata, così come il cameo del bravo Sergio Rubini, la diva Monica Bellucci che (grazie a Dio) Gibson non ha fatto parlare, Claudia Gerini come moglie di Pilato ridotta ad una macchietta, e Pietro Sarubbi nel ruolo di un "sopra le righe" Barabba. Straordinaria a mio avviso Maia Morgenstern nei panni di Maria, probabilmente la miglior performance del film, che pur non avendo una varietà di dialoghi riesce a comunicare tramite delle espressioni perfette e intense.

In conclusione "The Passion" è un cult che si è guadagnato questo termine nel corso degli anni, ma che rimane a mio parere un prodotto che mi ha lasciato più dubbi di quanto lo avesse fatto una pellicola di David Lynch. Voci girano che Gibson sia intento a girare pure una sorta di sequel, e già che ci sono mi aspetto il nuovo "Avengers University" in cui Gesù entra in scena tipo Christoph Waltz nel meraviglioso trailer parodistico di Quentin Tarantino dal nome "DJESUS". Questo sì che sarebbe epocale!

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