Se le notti di bufera delle foreste canadesi avessero mai partorito un gruppo, questo sarebbe senza dubbio i Menace Ruine.

Dopo l'esordio "Cult of Ruins", una sorta di inno luddista in salsa Black metal/Drone, nonché uno degli album più estremi che abbia mai ascoltato, questa diadica unione di irreconciliabili decide subito di cambiare radicalmente direzione: passano solo sette mesi, e dal gorgogliante calderone di questa coppia di alchimisti ecco sorgere "The Die Is Cast". Sette mesi in cui i Menace Ruine hanno capito che l'Apocalisse non sta per arrivare: l'Apocalisse è già qui.

Le prime due note mi ricordano "Big Dumb Sex" dei Soundgarden, ma le analogie sono decisamente finite. Un tappeto noise asettico e ipnotico scandito da una cadenza catacombale, presto interrotto da un Drone torturante e allucinato, pronto ad accogliere la voce sacrale e spietata di Genevieve: un po'Nico, un po'Lisa Gerrard. Brancoliamo sperduti in un castello angusto e abbandonato, salvo le orribili visioni che sbucano dagli anfratti oscuri a terrorizzarci e annientarci. Un'opening clamorosa, e il resto dell'opera procede su questa falsariga: un arcano rituale di riverberi noise ritmati da una cadenza mortale, inesorabile, impregnati del Medioevo più disagevole e misterioso, squarciati da terrificanti incubi Drone; il tutto degnamente concluso dalla feroce suite lunare di "The Bosom of The Earth". Un disco speciale, di un gruppo unico.

Il cielo è buio sopra Montreal...

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