ll film bellico di Michael Bay. Suona quasi come una minaccia, ma la questione è più complicata di quanto possa sembrare. Sicuramente 13 Hours non è un grande film, anche perché fare film di guerra come si deve è estremamente difficile. Si tratta di una pellicola con grossi difetti e qualche spunto, ma che forse proprio per la sua ingenuità risulta inizialmente meno fastidiosa di altre. Il confronto è ovviamente con American Sniper: nel film di Eastwood si ponevano delle domande, e molte, ma si davano anche diverse risposte che per molti risultavano sbagliate. In questo film invece si pongono molte meno questioni e quindi non si arriva nemmeno a postulare delle risposte. Certo, definire questo un pregio è quasi paradossale, ma non del tutto.

Eastwood è intelligente, sa fare zoom out e vedere le cose da una prospettiva distante. Ma poi inciampa su concezioni un po' assurde come la metafora dei cani da guardia oppure confonde il soldato Kyle con un eroe. Bay è ingenuo e grossolano, vede tutto da una prospettiva intimamente filo-americana e tanti problemi non se li pone proprio. Il concetto di poter sparare in risposta a una minaccia non viene nemmeno lontanamente problematizzato, ad esempio. Però la sua lettura semplice delle cose evita anche alcuni inciampi ben più gravi, come fare metafore sul ruolo di guardiano del mondo che l'America si arroga. Questo non significa che Bay non lo pensi; semplicemente non lo fa sapere nel suo film. Paradossalmente i limiti del regista lo salvano in parte da una serie di inciampi ulteriori. Bay analizza le cose dando per scontate le questioni di legittimità. Gli USA sono in Libia, punto; si ragiona a partire da quel dato di fatto. Le questioni affrontate (o meglio, abbozzate) sono sostanzialmente due: la difficoltà nel distinguere tra amici e nemici da una parte, la scollatura tra le parti politiche e quelle militari all'interno dello schieramento americano dall’altra

Due spunti buoni, che se vogliamo sono briciole di fronte alle enormi contraddizioni americane. Solo per citarne alcune: muoiono intere orde di libici e va tutto bene, manco fossero zombie; muore un americano e parte il piagnisteo, slow motion, immagini sfocate e musica toccante. Una retorica difficile da accettare. Non si accenna nemmeno una discussione sul perché siano rimasti in Libia quando invece tutte le altre ambasciate se ne sono andate. Sono problemi che Bay non sfiora neppure. Ma almeno non cerca neanche di giustificare la sua nazione. Forse perché non sente proprio il bisogno di farlo.

Difficile dire quale delle due impostazioni sia la migliore; ma tutto sommato riflettendoci un po’ si arriva alla conclusione che Bay, pur non sottolineandoli, propugna quanto Eastwood gli stessi principi americani per noi altamente opinabili. Quindi meglio American Sniper che ha il coraggio di esporre la visione americana del mondo, piuttosto che un film sornione come questo, che pur non dicendolo apertamente è americano fino alle ossa quanto l’altro. Almeno Clint si pone il dubbio morale che uccidere un bambino sia sbagliato anche se rappresenta una minaccia militare: poi si può discutere sulla risposta, ma Bay sembra invece prendere proprio a pretesto la soglia della legittimità di difesa per concedere ai suoi soldatini la possibilità di crivellare qualunque cosa si muova. American Sniper fa incazzare di più al momento, ma è onesto e pieno di dubbi; questo è furbesco, sottile, ma in fin dei conti ancor più patriottico.

Per il resto, il film è davvero eccessivamente prolisso nella parte riguardante le sparatorie. Penso ci sia circa un'ora e mezza di ratatatà quasi ininterrotto. Personaggi poco caratterizzati e senza grossi problemi psicologici; dialoghi abbastanza precisi tecnicamente ma quindi anche parecchio pesanti e alla lunga un po' stucchevoli. A livello di tonalità Bay non pare esser migliorato, l'epica è quella di sempre, ed anzi le dosi di leggerezza sono decisamente minori del solito. Un film parecchio pesante anche per gli appassionati del genere. Qualche spunto di ironia c'è, ma viene offuscato dai tanti momenti retorici coi soldati che telefonano alle famiglie o guardano le foto dei figli. Forse l'unica nota non negativa riguarda, a sorpresa, la regia e il montaggio. Per quanto siano ancora tutt'altro che pacati, vedono qui un certo rallentamento dei cambi di inquadratura e un tentativo abbozzato di costruire tasselli che durino più di un secondo, magari con anche dei minimi movimenti di macchina. Ma per contro la carica dinamitarda del cinema di Bay risulta decisamente smorzata.

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