Come si imposta una recensione di un film appena visto, ancora da metabolizzare, non compreso in tutte le sue sfaccettature? Difficile. Eppure ci sono pellicole che ci fanno andare a dormire con un alone di ricordi non archiviati, una sorta di "responsabilità visiva" che fa tornare in mente alcune scene, alcuni gesti, e che vanno rielaborati più per quello che lasciano dentro che per il film in sé.
Vincitore della Palma d'oro a Cannes quest'anno, "Il Nastro Bianco" si presenta come uno spaccato di vita quotidiana di un piccolo paesino nel nord della Germania, per rivelarsi una raffigurazione spietata e reale della società di inizio ‘900 destinata a cadere nel baratro del primo conflitto mondiale.
Non ci sono riferimenti geografici, sono praticamente assenti i richiami politici, il villaggio nel quale si intrecciano le vite degli abitanti è un microcosmo senza quasi contatti con l'esterno; una minuscola porzione di paradiso dove la vita si svolge apparentemente in armonia, ma dove la verità nasconde ben altro.
Un paio di strani incidenti sconvolgono una routine giornaliera fatta di fatica nei campi per la maggior parte delle persone, l'accettazione unanime delle gerarchie sociali si sgretola di fronte al figlio bracciante che vuole vendicare la morte sul lavoro della madre e danneggia le coltivazioni del barone latifondista; barone che possiede la tenuta e che dà lavoro alla gente, che ricco e forte vede svanire la felicità familiare a causa della moglie innamorata di un altro e del figlio violentato nel bosco, ma che se non ha grandi meriti, sembra non avere neppure grandi colpe.
Non c'è l'atto di accusa verso il singolo, nemmeno verso la viscida figura del medico di paese che usa l'amante per poi umiliarla una volta stufo di lei e abusa della figlia adolescente. Manca l'attribuzione di colpa anche verso il dispotico pastore protestante che tramite punizioni corporali e psicologiche ai figli (il nastro bianco al braccio, per mondarli ed avvicinarli alla purezza della religione, è una di queste) arriva ad auto commiserarsi e negare la verità forse anche a se stesso.
C'è invece il dito puntato verso una calma sociale dettata da regole rigide oltre il limite della severità e dove sono soprattutto i bambini a farne le spese. Fanciulli ai quali è stata sottratta l'infanzia, ragazzi ai quali si è violentata l'adolescenza, futuri adulti che in massa piomberanno dentro l'ideologia nazista.
Un film di 2h e un quarto che avrebbe potuto durare il doppio, un bianco e nero che offre più tonalità di una moderna commedia. Elegante anche nella durezza di alcune immagini, ancor più "forte" nell'analisi che devasta il concetto di innocenza infantile, il tutto incastonato in una bellissima ricostruzione storica ed in un ritmo lento che esalta ancor più la fotografia soprattutto paesaggistica. A rendere più agghiaccianti alcuni momenti c'è la totale assenza di colonna sonora.
Man mano che la visione va avanti veniamo assaliti dai dubbi scaturiti dai nostri giudizi affrettati riguardo ad un determinato personaggio, e ci troviamo sperduti in un luogo dove vacillano le convenzioni che finora permeavano la vita del villaggio, dove l'autorità dei gendarmi nulla può di fronte allo strisciante malessere sociale, dove il tenero sentimento d'amore del giovane maestro (voce narrante della storia) verso la tata del nobile barone se non viene intaccato dalle malignità non riesce però ad ergersi a strumento per contrastare il grigiore e la repressione che vivono dentro le case, dove incesti e sottomissioni scandiscono le ore tra le mura domestiche.
Appaiono i titoli di coda, quasi tutti rimangono seduti attoniti. La fine...manca.
La fine è dentro di noi, dobbiamo solo spiegarcela, ognuno a modo proprio. Dov'è scomparso il medico, la sua amante col figlio ritardato, chi è o chi sono i responsabili delle atrocità che infrangono la quiete del paesino e costringono gli abitanti a sospettare gli uni degli altri? Mancano le risposte perché sono evidenti ma forse storicamente troppo sconcertanti, sono ancora celate sotto la coltre di asettico perbenismo che funge da ordinamento supremo.
Un racconto soavemente spietato che va oltre le immagini sullo schermo.
Una crudele profezia del ruolo che i bambini di quel periodo avranno durante il secondo conflitto mondiale.
Un film a tratti enigmatico e raggelante, difficilmente assimilabile per la sua drasticità.
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