“Quando cominciarono a suonare era il 1977, sia l'Italia che il mondo intero erano completamente diversi da quello che sono oggi, seppure nel suo significato profondo tanto questo Paese quanto tutto, al mondo, sotto lo sguardo della storia, somiglia sempre a sé stesso.
C’erano guerre, ci sono guerre, il medio oriente era in fiamme, lo è ancora, la politica la gestiva in buona parte cosa nostra, oggi è elettivamente parte di essa, e così via”  (
www.liliumproduzioni.com)

Nonostante il nome ricordi più verosimilmente una band inglese, gli Underground Life sono uno dei più influenti gruppi rock italiani degli anni ‘80’ capitanati dal cantante ed autore Giancarlo Onorato allora già musicista, pittore, scrittore nonché fondatore della band, nata a Monza nel 1979. 

Al momento della pubblicazione di "Questo Soave Sabba" (anno 1993) il gruppo aveva all’attivo già tre album importanti (anni 80 – 87 e 89) tutti pubblicati attraverso etichette indipendenti, ma il vero lavoro di rilievo, più completo ed apprezzato dalla critica di allora fu proprio questo, frutto di tre anni di lavoro creativo e che richiese per oltre un anno la collaborazione di quello che ne sarà anche il produttore: Alberto Radius, comunque già chitarrista e sostenitore della band dal 1987.

Per l’occasione si farà avanti la Lilium Disc, etichetta Indipendente nata nel 1990, che raccoglieva sotto la sua ala le giovanissime formazioni rock provenienti da tutta Europa (a Londra Rough Trade esponeva in vetrina il disco degli Underground Life con l'approssimativa dicitura: “italian punk rock” e nel 1988 avevano contattato Jhon Foxx per una collaborazione, poi sfumata). 

Questo Soave Sabba è l’album registrato a Milano (Studi Radius) che racchiude il momento di maggiore comunicazione e creatività della band monzese per qualità e contenuto. Un sound “corposo”, carico di energia e ritmo, crea lo sfondo a testi introspettivi e sensuali in cui tema centrale si rivelano le sensazioni e l’impulsività dei sensi umani in cui si perde il “senso” inteso come essenza delle cose. La melodia è –per il tempo- all’avanguardia e l’attenzione è rivolta al “culto” così come al consumo e consumismo tipico della decade dei ‘90. I testi sono curati ed in certi momenti quasi poetici.

E poiché i linguaggi del gruppo non si limitavano al solo discorso musicale, in allegato alle prime 1000 copie del cd veniva omaggiato un racconto scritto dallo stesso Onorato dal titolo “L’officina dei gemiti” che riprendeva ed ampliava le tematiche contenute all’interno dell’album. Infatti, il racconto, pubblicato nella collana tascabile avanguardista MILLELIRE di Stampa Alternativa, riprendeva il tema delle passioni dei sensi come vere protagoniste dell’esistenza umana a cui è necessario abbandonarsi. 

Curiosità: il testo è frutto delle riflessioni interiori di una ragazza. La copertina ritrae un dipinto di Onorato (così come quella del cd).

A questo punto anche l’ascolto è obbligato, sia per quelli un po’ nostalgici che ancora ricordano la corrente rock italiana di quegli anni con un po’ di malinconia, sia per chi ne risulti soltanto incuriosito, nonostante una certa ovvia sensazione di  dejavu.

L’album è l’ultimo lavoro che va a chiudere interamente la produzione del gruppo, realizzato quando già se ne preannunciava lo scioglimento e già tracciava l’idea dell’imminente produzione di Onorato da solista.

Infine, le mie tracce preferite: "Milano malinconica", "Signora dei gigli", "Canzone dell’eterno settembre".

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