Questo film è tratto da un libro di memorie scritto nel 1983 da uno dei 5 padrini storici di Cosa Nostra Americana: Joe Bonanno, meglio noto come Joe Bananas. È un documento importante, perché è un padrino stesso che racconta, dal di dentro, la storia della Mafia di New York. Se vedrete il film, non leggete sotto; se non lo vedrete, leggete questa breve storia. Penso che la troverete interessante. Inizi del secolo scorso. Al porto di New York arriva un giovane, direttamente da Castellamare del Golfo, uno dei più bei litorali della Sicilia. Si chiama Giuseppe Bonanno. È un ragazzo che la natura ha dotato di un’intelligenza fuori dal comune: sa tacere e ascoltare, e parla solo quando è interrogato o quando ha qualcosa da dire. Suo padre e suo nonno sono due uomini d’onore della vecchia mafia latifondista siciliana, e gli hanno trasmesso i “principi dell’onorata società”. A questi principi, Giuseppe, resterà fedele per tutta la vita.
Il giovane Bonanno, con la sua intelligenza, la sua laboriosità, la sua “morale”, e la sua mancanza di timore reverenziale per nessuno, si guadagna presto il rispetto di Salvatore Maranzano, capo della famiglia “Castellammarese” – una delle famiglie mafiose di New York. Giuseppe, diventato Joe, diventa, nei fatti, il vice di Maranzano. Ed è poco più che ventenne.
Inizia la “guerra castellammarese” (1930): Maranzano, che comanda a Brooklyn, sfida l’arroganza del boss di Manhattan, Joe Masseria. Dopo la morte di quest’ultimo (15 Aprile 1931), Maranzano si autoproclama “capo di tutti i capi”, e fissa i nomi dei 5 Padrini di New York : Lucky Luciano, Vincent Mangano, Gaetano (Tom) Gagliano, Joe Profaci, e appunto Joe Bonanno (quest’ ultimo appena 26 enne).
Qualche mese dopo (10 Settembre 1931), Lucky Luciano fa uccidere Maranzano, diventando lui il nuovo “boss dei boss”. Bonanno è pronto a reagire alla morte del suo padre putativo, ma Luciano lo induce a a “lasciar correre”. Joe lascia correre e questo gesto “ragionevole” gli salverà la vita e lo porterà a diventare uno dei più importanti padrini che la Mafia abbia mai avuto.
Da questo momento, fino alle dichiarazioni di Joe Valachi (1962), il nome di Bonanno rimarrà sconosciuto alle forze dell’ordine - grazie alla discrezione e al basso profilo con i quali condusse i suoi affari.
Nel film potrete osservare l’abilità diplomatica di Bonanno in seno alla “commissione”, quando dovrà cercare di fare da “carismatico mediatore” tra i mafiosi “all’antica” (Profaci, Mangano, e Gagliano) e “il giovane turco” Lucky Luciano (padrino vanitoso, e colpevole di essere amico dell’ “ebreo” Mayer Lansky, l’ Hyman Roth del “Padrino II”).
E vedrete il NO categorico di Bonanno alla droga e alla prostituzione – perché “contrari all’onore”.
Vedrete anche l’omicidio di Vincent Mangano (1951), ad opera del sociopatico Albert Anastasia, che ne prenderà il posto. Questo momento è centrale nel film , perché qui Bonanno, insieme a Joe Profaci, capisce che la “vecchia scuola” è finita.
Assisterete all’attentato al “senatore” Frank Costello (1957), da parte del “napoletano” Vito Genovese. Costello (che non ha nulla a che fare col Frank Costello di “The Departed”) era il “padrino operante” a New York in vece di Lucky Luciano, il quale, per mezzo del senatore, continuava a comandare Cosa Nostra - pur vivendo (in esilio) a Napoli. Con questo atto, e con l’assassinio di Albert Anastasia (Ottobre 1957), Genovese osò sfidare l’autorità di Luciano, divenendo, ma solo per qualche mese, il nuovo “capo dei capi”.
Assisterete, poi, alla (fallita) riunione di Appalachin (Novembre 1957), nella quale la “nuova Mafia” di Genovese, si riunì per fare entrare la droga nei suoi affari. Bonanno rifiuterà di andarci, e questo sarà il segno della sua rottura con la nuova politica della Cupola: i soldi e la droga hanno preso il sopravvento sui “principi”.
Con la morte di due padrini storici, Luciano e Joe Profaci (entrambi scomparsi nel 1962), Carlo Gambino, supportato da Tom Lucchese (diventato capo della famiglia Gagliano dal 1951) diventa il “boss dei boss”, e Bonanno, che ha perduto in pochi mesi due suoi supporters, non ci sta. Mentre nel 1931 aveva lasciato correre, questa volta compie un “peccato di reazione” - l’unico errore della sua vita - che gli costerà la destituzione dal ruolo di padrino.
Assisterete, dunque, al suo sequestro da parte del cugino Steven Magaddino, padrino di Buffalo.
Bonanno arriverà a fare addirittura guerra a Gambino (“The Bananas War”, 1966 - 1968), una guerra quasi vinta, se non che un infarto (1968) porterà Joe a decidere di ritirarsi a vita privata, a Tucson (Arizona), dove morirà nel 2002, a 97 anni suonati.
Benché Bonanno fosse un mafioso, e quindi, come tale, meritevole di ogni condanna (morale e giudiziaria) era un mafioso con un’etica: non volle mai avere a che fare con la droga, rinunciando a immensi profitti - e di questo bisogna dargliene atto. Secondo molti, Mario Puzo si ispirò a lui nel delineare la figura di Vito Corleone.
Un agente dell’FBI, esperto di intercettazioni telefoniche, sentendolo parlare al telefono, disse: “Gli altri mafiosi sono degli stupidi. Lui, invece, è più prudente di un giocatore di scacchi”. È una scena del film.
Di lui, Rudolf Giuliani, giudice antimafia prima di diventare sindaco di New York, disse: “Lui era uno che avrebbe potuto avere successo se si fosse dedicato ad attività legali. Purtroppo scelse la strada sbagliata”.
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