Gil Evans fu tra i migliori amici di Miles Davis. I due si capivano alla perfezione, sia umanamente che musicalmente. Erano come due diversi sviluppi della stessa persona, della stessa idea, e sorprende quanti pochi dischi abbiano registrato insieme. Beninteso, non che un rapporto d'amicizia si possa valutare in base al numero di collaborazioni professionali, è chiaro che entrambi avevano i loro progetti da portare avanti, da soli. Ma sta di fatto che di album insieme ne abbiano fatti pochi, e dispiace, perchè in coppia hanno registrato per lo più capolavori. E "Miles Ahead" (1957) è uno di questi.

George Avakian, capo della Columbia, voleva proporre Miles ad un pubblico più ampio, che magari non avrebbe potuto apprezzare gli altri suoi lavori e credeva che un disco di jazz orchestrale, di third stream, fosse la soluzione giusta. Ingaggiato Gil Evans su richiesta di Davis, si iniziò a lavorare sui singoli brani che poi vennero uniti con dei passaggi orchestrali a formare un unica lunga suite. L'attenzione venne posta sulla sezione fiati, e per valorizzare ancora meglio il ruolo centrale di Miles (unico solista) all'interno dell'opera, si decise che il grande trombettista avrebbe suonato qui il flicorno.

L'opera che Miles e Gil crearono è di una purezza cristallina, è come bere acqua fresca dopo una lunga camminata sotto il sole cocente di luglio. Già si sentono gli influssi spagnoli ("The Maids Of Cadiz", "Blues For Pablo"), anticipazione di quel che sarà "Sketches Of Spain". Oltre a ciò, vengono esplicitate altre due influenze cardine in "Miles Ahead": Ahmad Jamal, la cui "New Rhumba" è qui riproposta, e Duke Ellington, che c'è sempre di mezzo quando si parla di jazz orchestrale e viene onorato con la "The Duke" di Dave Brubeck.  C'è ovviamente anche il blues ("Lament", "The Meaning Of The Blues"), c'è il lirismo, marchio di fabbrica di Miles che è qui esaltato ai massimi livelli. Paul Chambers e Art Taylor (unica collaborazione con Miles) forniscono la base su cui si impianta l'orchestra, che sopperisce così alla mancanza del pianoforte. E su questa solida impalcatura, ecco l'ultima pietra, ecco la prima pietra: Miles Davis, di un eleganza incredibile, di una fluidità sconcertante, di uno stile unico.

In fondo questo è il pregio più grande delle collaborazioni di Davis e Evans: lo stile e il lirismo di entrambi emergono in modo preponderante e vengono reciprocamente valorizzati. Evans è fatto per Davis, Davis per Evans. "Miles Ahead" è fatto da loro per loro, e per noi.

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