La mente psicolabile di Al Jourgensen è ben nota e la sua band è una delle più amate e odiate/criticate. Il percorso dei Ministry è del tutto imparagonabile, fuori dagli schemi. L'inizio synth pop, dance rock e poi il boom, la svolta del 1988 con "The Land Of Rape And Honey" che li consacra pionieri dell'industrial. Quest'ultimo, però, viene vitalizzato dalla drum machine coniata con la saturazione massima della chitarra e dalla valanga di campionamenti, sequenze di EBM e dialoghi di film.

C'è sempre bisogno di un'idea originale. (Sennò col cavolo che i Ministry sarebbero diventati i Ministry..con tutte le band industrial, noise, shoegaze..)

Il loro approccio atipico e le loro mosse azzardate sono i frutti del passo successivo. Nel 1989 esce "The Mind Is A Terrible Thing To Taste", un titolo che già preannuncia lo scenario al quale si assiste..Il sound persiste con quello dell'esordio ma di sicuro c'è una maggiore evidenza della chitarra. E' il lavoro che sta nella via di mezzo, visto che con il terzo "Psalm 69" mancherà ancora di più l'aria con quei triviali panzer a mille di "N.W.O.", "Jesus Built My Hotrod" e "Just One Fix".

Ci da il benvenuto, per l'appunto, il riff tritacarne per eccellenza di "Thieves", cinque minuti di martellamenti, cori androidi e testi sprezzanti. Si è al confine con il metal, ma la cadenza industrial della drum machine esclude la netta contaminazione con il thrash della Bay Arena, per esempio. Insomma siamo di fronte allo sfacciato brano caposaldo tipico di un disco dei Ministry.

Altra ira viene sputata fuori con la successiva "Burning Inside", secondo pezzo da novanta. Posizione che ci fanno assumere inevitabilmente davanti all'opprimente riff "meccanizzato". La voce plurieffettata del maledetto Jourgensen è un tornado che si instaura nella landa selvaggia della ritmica.

Brani ossessivamente quadrati e furia cyber a pacchi. E' tutto però così "vivo", "umano". Perchè si pervade l'album di euforia, sofferenza, shock e sobbalzi. Sensazioni che proviamo anche con toni più "timidi". Troviamo perciò come altra connotazione il tribalismo infarcito di "alta tecnologia" elettronica. Oltre le due schegge iniziali si arriva al cospetto delle danze bizzarre di "Cannibal Song" e "Breathe" e la miscela di riff hard rock e slogan urlati di "So What".

Si viaggia senza sosta nei cortometraggi della psiche dell'uomo.

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