"Me, You, and everyone we know" ha avuto un destino simile a "Little Miss Sunshine", vale a dire è una piccola produzione, semi-indipendente che, grazie al passaparola, è diventata un Caso Cinematografico.
Premiato al Sundance Film Festival, ha ricevuto infinite lodi e terribili stroncature, quando secondo me entrambe sono esagerate. Innanzitutto, nell'infinità di produzioni brutte, pacchiane, e inutili, un film del genere andrebbe celebrato in quanto coniuga l'aspetto gradevole della commedia, con un tema importante, che sono i rapporti umani di questo preciso millennio nella società occidentale. Senza drammi à la "Magnolia", senza stucchevolezze, ma senza neanche banalizzare nessun aspetto del tema trattato, questo film è un sipario delicato e intelligente, anche se acerbo, su una nuova categoria di registi, che si occupano dell'uomo, tra l'impegnato e il gradevole, tra la cinematografia 'Indie' e le grandi distribuzioni.
Miranda July, la regista, è innanzitutto un'artista, e questo viene rispecchiato nella sceneggiatura, geniale in alcuni punti, nel delineare la complessità dei personaggi. La sceneggiatura smussa gli aspetti tragici, de-volgarizza gli aspetti divertenti, costruisce le immagini. Chi ha accusato questo film di essere pura estetica, compie un'errore madornale. Certo, il film ha il pregio ulteriore di essere ben costruito, di avere ottimi interpreti, una buona fotografia, e scene talvolta visivamente forti, che catturano l'attenzione, ma in funzione di cosa? Della vicenda. Perfino una fellatio, o una chat erotica tra un bambino e una quarantenne, sono episodi che vengono raccontati con una delicatezza distaccata che non vuole shockare, ma intenerire. I sentimenti vengono solo ripresi, la regista lascia allo spettatore le lacrime, le risate e le considerazioni finali. Dall'infanzia alla vecchiaia, dal divorzio alla morte, dal fallimento alla solitudine, in un'ora e mezza di puzzle si ricostruiscono vite che nella loro apparente banalità nascondono abissi, ogni personaggio ha la sua storia, e l'interazione di queste storie, leggermente folli, ti conquista, ma appunto, senza fare leva sull'empatia tragica di film come "Crash" o appunto "Magnolia".
Da vedere, senza cinismo ne grandi aspettative, ma con la disponibilità all'Incanto, più che al giudizio. Questo film non ha pretese di essere artistico, impegnato o celebrale, credo che si renda conto da solo dei suoi limiti. Da vedere per certe trovate, per certe scene, per certi personaggi.
(grazie dell'attenzione, e scusatemi la brevità, ma con i film si rischia sempre di scivolare nella semiotica fine a se stessa, nell'ermeneutica e nella presunzione di certi critici che sembrano voler recensire i granelli di polvere presenti in una scena più che la complessità di un intero film. Soprattutto, non è questo il film adatto alla caccia all'ago nel pagliaio, del pelo nell'uovo, o del bruscolino nell'occhio).
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