Se non sapete chi è Jason Netherton, significa che non conoscete i Dying Fetus degli esordi. Se non conoscete i Dying Fetus, vuol dire vi siete persi una bella fetta del neo-brutal statunitense. Rimediate, inserendo nel lettore almeno "Destroy The Opposition", capolavoro della band, plasmato dal signore appena nominato. Se il suddetto lavoro vi piacerà, allora potrete esplorare più a fondo la carriera di questo bassista/cantante e dedicarvi alla creatura a cui egli ha dato vita dopo la separazione dai Dying Fetus: i Misery Index, una sorta di costola death-grind del famoso gruppo di Annapolis.

Netherton e compagni sono giunti ormai al quarto full-lenght, e in una decade di attività hanno realizzato una gran quantità di demo e split con vari gruppi della scena underground americana. Il successo dell'ultimo album, "Traitors", datato 2008, viene bissato dal nuovo "Heirs To Thievery", grazie al quale i Misery Index riescono ad andare ancora più in là, lasciandosi alle spalle tutta la concorrenza. Un grande album, superbamente composto e di indubbio impatto su ogni ascoltatore, perfino su coloro che di solito non si discostano molto dal canonico death metal proposto da band più legate a sonorità classiche. Questo platter conserva l'utilizzo della brevità comunicativa tipica del grindcore, integrandone l'attitudine con soluzioni prese in prestito dal death, dall'hardcore e dal thrash.

Quello che colpisce fin da subito di questo disco è la pulizia del suono e la terremotante, è proprio il caso di dirlo, batteria di Adam Jarvis. I più fedeli estimatori della furia caotica del grindcore potranno storcere un po' il naso di fronte a un suono così cristallino, ben lontano dal bilanciamento presente in "Traitors", che invece rendeva contenti un po' tutti quanti. Tuttavia "Heirs To Thievery" si allontana dagli stilemi sonori tipici del grind e il suono limpido riesce nel difficile intento di rendere evidenti anche i dettagli più minuti, che altrimenti rimarrebbero sommersi dalla furia con cui il quartetto bombarda i timpani dell'ascoltatore.

L'opener è un calcio in faccia e in meno di due minuti ci trasporta nel mondo dei Misery Index, aprendo la strada a due delle hit del disco. "Fed To The Wolves" è una traccia fenomenale, nella quale nulla è lasciato al caso. Il ritornello mette a dura prova la solidità delle pareti e gli stacchi di doppia cassa sono davvero annicchilenti. Se siete sopravvissuti, "The Carrion Call" non potrà far altro che stupirvi. In questo brano è possibile apprezzare azzeccati sprazzi melodici (termine da prendere con le pinze, ovviamente), specialmente nelle linee vocali e in alcuni break più rallentati. Ma è in pezzi come "The Spectator", vero capolavoro dell'album, che la capacità compositiva dei Misery Index viene a galla. A scrivere song brutali sono capaci in tanti, ma realizzare un gioiellino del genere, dannatamente catchy (il ritornello è cantabilissimo) e dal riffing così coinvolgente, è impresa che riesce a pochi. L'album prosegue compatto e al tempo stesso variegato, tanto da non risultare noioso (fattore da tenere in considerazione quando a girare nel lettore sono dischi del genere). Inutile descrivere ottimi brani quali la title-track e "The Illuminaught", mentre risulta molto interessante il rallentare del ritmo in "Seventh Cavalry", traccia carica di groove e dal sapore drammatico, in quanto rievoca l'efferato massacro degli indiani Sioux di Wounded Knee. Nel finale, le tracce si fanno più brevi e ordinarie, ma il furore sonoro non si quieta, semmai aumenta in botte del calibro di "You Lose", estremamente tirata, e di "Sleeping Giants", una sorta di compendio di tutto ciò che il gruppo ha tentato di esprimere sino a questo punto. I Misery Index ci salutano con l'aggressività ispanica di "Day Of The Dead", al termine della quale cala il sipario e, finalmente, giunge un po' di quiete.

E' possibile spendere ancora qualche parola per sottolineare altri due aspetti positivi di questo ottimo lavoro degli americani. Il growl perfetto, mai troppo profondo e perfettamente comprensibile di Netherton e Kloeppel, viene accompagnato in più di un'occasione da ospiti di tutto rispetto, fra i quali spiccano John Gallagher (Dying Fetus) ed Erik Rutan (Hate Eternal). I testi poi, scritti quasi tutti da Netherton, sono davvero brillanti, e risultano mai banali nel trattare tematiche quali il degrado sociale e ambientale del nostro mondo, le brutture moderne e le porcherie commesse in passato dalla nostra specie. In parole povere, "Heirs To Thievery" è un condensato di potenza, espressa in circa trentacinque minuti di assalto sonoro no-stop. Tuttavia è anche un disco che riesce, in maniera accattivante, a regalare piacevoli sorprese e digressioni interessanti. Un album più che gradevole insomma, capace di girare nel lettore più e più volte senza stancare, e che il sottoscritto premia con la palma di miglior uscita estrema dell'appena trascorso 2010.     

Carico i commenti... con calma