Quale trasfigurazione esotica dell’onanista iconoclasta con le figurine di Cuccureddu, l’otaku va curato con curcuma fatta maculare su di un meteorite lentamente mentre un mentore mente all’epigono Onofrio, da assumersi una volta ogni due settimane per tre giorni a gonadi sgonfie.

Questa ho letto essere l’opinione del Dott.Tatsumaki Senpukyaku, procacciatore d’ingaggi di vescovi in disuso, con specializzazione in meteorismo, espressa la volta che in Uganda gli chiesero “scusi, la strada Reykjavík?”.

Riuscire a farsi piacere Mitsuru Adachi è un risultato che può bastare a guadagnarsi i galloni di otaku sulle spalle? Me lo chiedo giusto per sapere se devo confessare a me stesso un passato del genere, perché a me Adachi è piaciuto e un paio di suoi manga ogni tanto me li rileggo ancora volentieri. Se considero gli elementi principali delle sue opere, amori adolescenziali e agonismo sportivo ai tempi del liceo, mi verrebbe da rispondermi di si. Ho però qualche dubbio che la questione sia così semplice. Uno dei due segreti di Adachi si scopre in fretta; il nodo narrativo delle sue opere, per quello che ho letto, consiste sempre in una situazione strana (a volte anche drammatica) in cui si trovano i personaggi principali più o meno all’inizio della vicenda narrata, e che prende in considerazione sia l’ambito sportivo che la vita ad di fuori dello sport. Perché il gioco funzioni è importante che questa situazione costituisca un grosso impedimento per un’eventuale futura relazione sentimentale tra il protagonista maschile e quello femminile. Il resto della vicenda è costituito dai possibili sviluppi della situazione iniziale. Meglio è ingegnata, più respiro può avere l’opera nel tempo. Un meccanismo semplice ma efficace. L’altro segreto di Adachi è decisamente più indecifrabile e si trova nel suo stile di disegno. Una valutazione per singoli elementi presi separatamente non potrebbe essere molto positiva: esteticamente il disegno è bruttino e l’autore tende ad utilizzare sempre le stesse caratterizzazioni dei personaggi principali con poche varianti. Però funziona bene nel creare atmosfere, molto bene: quelle malinconiche, quelle sentimentali, situazioni divertenti, suspance agonistica.

Rough è il primo manga che ho letto di Adachi. Il primo numero lo acquistai per nient’altro che un gioco con me stesso sulle mie prime impressioni. Nel vederlo dal fumettaro non mi diceva nulla, quindi veniva bene per il mio giochetto stupido. Non potevo sapere di aver per le mani il colpo migliore sparato dall’autore. La vicenda è un particolarissimo riadattamento della storia di Romeo e Giulietta nel Giappone fine anni 80, senza dramma finale. L’ambito sportivo utilizzato in questo caso è quello del nuoto. L’idea centrale è buona, forse migliore di quella di Touch e H2, e tutto quel che di buono produce l’autore di solito, viene concentrato in pochi volumi. Una piccola bomba di Adachi, insomma. La prima edizione italiana ebbe un pessimo riscontro di pubblico e per questo la pubblicazione fu tormentatissima, spostamenti da serie regolare con uscite mensili a uscite una tantum chissà quando, ma la Star Comics la portò alla fine. È uno dei pochissimi manga che ogni tanto rileggo volentieri. La copertina è quella dell’edizione giapponese, più bella di quelle Star Comics che utilizzava a tal fine alcuni disegni di inizio capitolo.

“segua le indicazioni per Honolulu, dritto fino a Laigueglia, al terzo semaforo chieda.” Era questa la risposta giusta Dott. Senpukyaku.

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