I Modena City Ramblers sono un gruppo storico italiano che, mentre nel mondo impazzavano grunge, metal estremo, primo alternative e chi più ne ha più ne metta non si curarono granché delle mode e dettero vita a un progetto che sarebbe stato destinato a durare.
Questo è il loro primo disco, probabilmente il loro migliore, e so già che non riuscirò a essere oggettivo. Non riuscirò a essere oggettivo perché i MCR hanno un posto speciale nel mio cuore, nonostante non ammetta mai che mi piacciono perché me lo vieta il mio lato di metallaro bastian contrario.
In realtà valutare questa band è "oggettivamente difficile". I motivi secondo me sono cinque, come facile compito per casa lascio da scovarne altri. I primi due sono legati al genere che fanno i Ramblers, ovvero il folk o simili. Da un lato è innegabile che il gruppo scopiazzi, rubi, inserisca parti non originali, siano dei Pogues o canti popolari, ma insomma roba non scritta da loro. Questo in un certo senso deve far abbassare il voto della valutazione, ma non esageratamente perché catturare un certo feeling e saperlo reinterpretare è comunque cosa non da poco. Dall'altro lato, secondo motivo dei cinque, io credo che il folk sia un genere un po' ruffiano in linea di massima. Lo dico con affetto e simpatia verso il folk, genere che apprezzo nelle sue varie combinazioni, dal folk da balera fino al pagan metal: credo che per l'orecchio occidentale e soprattutto europeo il folk tocchi corde veramente profonde delle nostre radici culturali, rendendosi quindi non un genere qualunque bensì qualcosa che, sapendolo fare a modo, permette di partire con una marcia in più. Terzo motivo è che parliamo di una band inequivocabilmente politica, elemento che non possiamo né dobbiamo ignorare, pertanto anche i testi e l'impostazione della band devono essere analizzati. Non indifferente è anche il fatto che i Modena siano molto cambiati nel tempo e oggi sia molto difficile ricostruire come erano all'epoca, rendendo così arduo il compito di inserire la band e il suo operato nella giusta ottica. Infine non dobbiamo cadere nei qualunquismi riguardo al rapporto tra band e fanbase, e il modo in cui questi due elementi sono cambiati nel tempo.
Una nota va dedicata alla stupenda copertina, con strumenti folk e simboli politici e culturali accatastati: simbolo di un'epoca.
Forti di tutte queste considerazioni, iniziamo il track-by-track.
L'album si apre con un brano che già mostra di che pasta siamo fatti: "In un giorno di pioggia". Gusto folk in un'impeccabile canzone d'amore per una grande terra, trovando i giusti momenti per spingere sull'acceleratore e sciorinando testi che sono pura poesia. Mi si stringe il cuore immaginando sedicenni o poco più che al massimo della gioia si dicevano all'orecchio "in un giorno di pioggia ho imparato ad amarti" in mezzo al pogo mentre i Ramblers suonavano sul palco di qualche circolo di periferia (probabilmente i due sedicenni ignoravano che la canzone fosse dedicata all'Irlanda e non a una persona...). Si segue con "Tant par tachèr", brano che mette in evidenza un gusto melodico veramente notevole e con le sue parole incomprensibili ci fa entrare definitvamente nell'atmosfera del disco. "Quarant'anni" è uno dei miei brani preferiti e punge nel vivo sul piano politico, come i primi MCR sapevano fare: un brano anthemico che come concezione e struttura sfiora il folk metal dimostrandosi uno dei migliore pur senza essere particolarmente complesso. "Delinqueint ed Mòdna" è in dialetto ed è veramente gradevole, con un sapore amaro ben inserito nel resto del brano che si chiude per lasciare spazio alla celebre "Morte di un poeta", ottimo brano dietro al testo del quale si cela una triste storia. Triste storia anche quella del brano successivo, "I funerali di Berlinguer", raccontata tuttavia a testa alta e finendo per inserirsi in una canzone tutt'altro che piagnona. Molto buona la muscolare doppietta "Il bicchiere dell'addio"/"Canto di Natale" per seguire con un brano già presente in "Combat Folk" ovvero la struggente "Ahmed l'ambulante", con testo di Stefano Benni. La coppia d'assi successiva è un must per ogni concerto, con "Contessa" e "Bella Ciao" che, pur non brani originali della band modenese, sono veri cavalli di battaglia. "The Great Song of Indifference" è buona pur senza essere il brano migliore del lotto fino alla conclusiva e iconica "Ninnananna".
Questo disco ha un potere immenso, un potere che è il grande punto di forza dei Modena City Ramblers: ti porta tra stragi e lotte politiche, ti porta in balere e campagne verdi. Questa dicotomia è fantastica e rende i primi MCR un gruppo che dà emozioni come pochi altri sapevano fare; perché qua ancora valeva una cosa: i Modena non erano solo un gruppo politico. I Modena City Ramblers suonavano per davvero, erano musicisti e non solo anime politiche: con il tempo, secondo me, questa cosa un po' si è ingarbugliata. Parlavamo inizialmente di come il gruppo e la sua fanbase si siano evoluti. Gli anni novanta e primi duemila non sono anni qualunque. Non è un caso che i Modena nascano così, non è un caso che siano gli anni in cui l'Italia inizia una nuova fase politica, non è un caso che nascano i primi movimenti alternativi nel senso odierno del termine né che nascano, per risposta, feroci gruppi Oi!. E oggi? I Modena sono ancora seguiti dai giovani: e infatti non è un caso se quella fase politica non è ancora finita, se in pochi si curano che non c'è più Cisco, se i Modena sono ricordati ma gli Erode no, né gli Stormy Six (se non per "Rossa Palestina", di cui nessuno conosce l'autore), non è un caso se la coscienza di subcultura non è aumentata. Si sente spesso "i Modena City Ramblers... un gruppo per ragazzetti alternativi" ma valutiamo bene questa affermazione: intanto i Modena non sono solo questo, soprattutto non lo erano, nonostante sia vero che non hanno mai fatto granché per inserire elementi di autocritica (e per questo li condanno). È vero che attaccare la fanbase invece della band, in termini prettamente logici, è sbagliato, ma del resto un gruppo si comporta consapevolmente in funzione della sua fanbase e le scelte artistiche che prende non sono scollegate, quindi - come dicevamo - sotto certi punti di vista se sono una band per alternativi "e ci sarà un motivo!" (cit per pochi). Ma in verità che vuol dire ragazzetti alternativi? Perché è vero, soprattutto in quegli anni c'era tanta ipocrisia (e voglia di fare casino, che bene o male c'è ancora oggi) e questa ipocrisia si è rivelata dura a morire, ma non c'era solo questo, non parliamo solo di una moda: c'erano anche ideali politici che volenti o nolenti sono sopravvissuti così, c'era un importante scontro generazionale in atto, c'era una società non pronta a assorbire certi cambiamenti e c'erano anche lati pittoreschi e affascinanti. Per cui va bene, ai concerti dei Modena City Ramblers troviamo fricchettoni (che, diciamoci la verità, forse non ammetteremmo mai che la loro fede politica è sincera), ma forse non stiamo commettendo una leggerezza se ci lasciamo sfuggire così una condanna verso di loro? Non è che non stiamo volendo rinunciare al nostro bagaglio culturare, per quanto vere possano essere le nostre argomentazioni? I Modena City Ramblers, alla luce di ciò, incarnano uno dei più grandi punti su cui la politica, soprattutto al livello extraparlamentare sotto certi punti di vista, dovrebbe ragionare, ovvero il confronto e la coscienza tra subculture anche in termini politici. E lo dico con tutta la parzialità di uno che fricchettone non lo è mai stato e crede convintamente che se in giro suonassero un po' meno i Modena e un po' di più i Colonna Infame Skinhead sarebbe meglio. Del resto possiamo fare un simile discorso in termini musicali: credo che sia veramente un peccato che i MCR non sfruttino la loro visibilità per ridare voci a vecchi nomi della sinistra musicale italiana come Strana Officina o Area, lasciando invece che i giovani ascoltino i P38.
Cos'è, quindi, che riportiamo a casa? Un disco magnifico intriso di memorie, riflessioni, atmosfere, una vita raccontata in un disco, tante vite raccontate in un disco che fa parlare ancora oggi. E se oggi i MCR sono un gruppo che ormai della cazzimma originale ha poco, se ormai sono un po' bollitti e fanno una sorta di pop molto influenzato un po' tutto uguale (anche se godibile eh), io dico che un po' è colpa nostra, è colpa di noi pubblico di sinistra che tutto sommato non abbiamo mai avuto voglia di scoprire altri nomi della scena musicale politicizzata e quindi accontendandoci un po', tanto finché non tolgono "Contessa" dalla scaletta va bene. Ma ormai è andata così.
"Riportando tutto a casa" diventa quindi un baluardo per gli amanti del folk, un'istituzione per i topi da biblioteca, per gli alternativi - lasciatemelo dire con un po' di sarcasmo, tanto abbiamo capito - diventerà un disco le cui canzoni più gettonate finiranno in playlist accanto a Manu Chao e per i metallari di sinistra diventerà un guilty pleasure. Un disco suonato con sudore, che sa quando diventare più duro ma senza mai diventare veramente pesante. Per certi versi è meno aggressivo, meno punk e forse anche meno politico di quello che ci si potrebbe aspettare, ma è un discone lo stesso. E teniamoceli stretti 'sti Modena City Ramblers, va'. Voto: 91/100.
Elenco tracce testi e video
05 Morte di un poeta (03:45)
Se dovessi cadere nel profondo dell'Inferno dentro un fiume nero come l'inchiostro
rotolare perduto tra i sacchi di immondizia in un baratro senza ritorno,
Se dovessi sparire nei meandri della terra e non vedere più la luce del giorno
ma è sempre soltanto la stessa vecchia storia e nessuno lo capirà
Ma lasciatemi qui nel mio pezzo di cielo ad affogare i cattivi ricordi
nelle vie di New York il poeta è da solo e nessuno lo salverà
Nel distretto 19 la vita corre svelta tra i palazzi e i boulevards di Parigi
gli emigrati che ballano ritmi zigani si scolano le nere e le verdi
lo sdentato inseguiva le ragazze straniere dai cappelli e dai vestiti leggeri
ma è sempre soltanto la stessa vecchia storia e nessuno lo capirà.
Ma lasciatemi qui nel mio pezzo di cielo ad affogare i cattivi ricordi
nelle vie di Parigi il poeta è da solo e nessuno lo salverà
Vecchia sporca Dublino per un figlio che ritorna sei una madre che attende al tramonto
con la puzza di alcool coi baci e le canzoni per chi è stato un prigionero lontano
c'è una bomba e una pistola, un inglese da accoppare e una divisa dell'esercito in verde
ma è sempre soltanto la stessa vacchia storia e nessuno lo capirà.
Ma lasciatemi qui nel mio pezzo di cielo ad affogare i cattivi ricordi
nelle vie di Dublino il poeta è da solo e nessuno lo salverà
08 Ahmed l'ambulante (04:44)
Quaranta notti al gelo
sotto un portico deserto
ho venduto orologi alle stelle
Ashiwa dea della notte
vieni a coprirmi d'oro
ho braccialetti finti
ed un anello per ogni mano
ma nessuna moglie.
La quarantunesima notte
vennero a cercarmi
pestaron gli orologi come conchiglie
Ashiwa dea della notte
fammi tornare a casa
avrò una valigia
piena di dolci e di cravatte
e rivedrò il mio villaggio.
Così per divertirsi o forse
perché risposi male
mi spaccarono la testa con un bastone
Ashiwa dea della notte
lei venne a liberarmi
le mie tempie
lei baciò ed io guarii
e loro no non la videro.
Quaranta notti al gelo
sotto un portico deserto
ho venduto orologi alle stelle
Ashiwa dea della notte
vieni a coprirmi d'oro
ho braccialetti finti
ed un anello per ogni mano
ma nessuna moglie.
Non sono morto al freddo
delle vostre città
ma su una grande pila d'ebano
e la mia gente ha cantato e ballato
per quaranta notti
09 Contessa (04:32)
Che roba contessa all'industria di Aldo,
han fatto uno sciopero quei quattro ignoranti,
volevano avere i salari aumentati,
dicevano pensi, di essere sfruttati.
E quando è arrivata la polizia
quei quattro straccioni han gridato più forte,
di sangue han sporcato i cortili e le porte,
chissà quanto tempo ci vorrà per pulire.
Compagni dai campi e dalle officine
prendete la falce e portate il martello
scendete giù in piazza e picchiate con quello
scendete giù in piazza e affossate il sistema.
Voi gente per bene che pace cercate,
la pace per fare quello che voi volete,
ma se questo è il prezzo vogliamo la guerra,
vogliamo vedervi finire sottoterra.
Ma se questo è il prezzo lo abbiamo pagato,
nessuno più al mondo dev'essere sfruttato.
Sapesse contessa che cosa mi ha detto
un caro parente dell'occupazione,
che quella gentaglia rinchiusa là dentro
di libero amore facea professione.
Del resto mia cara, di che si stupisce,
anche l'operaio vuole il figlio dottore
e pensi che ambiente ne può venir fuori,
non c'è più morale contessa.
Se il vento fischiava ora fischia più forte,
le idee di rivolta non sono mai morte,
se c'è chi lo afferma non state a sentire
è uno che vuole soltanto tradire.
Se c'è chi lo afferma sputategli addosso,
la bandiera rossa ha gettato in un fosso
Voi gente per bene che pace cercate,
la pace per fare quello che voi volete,
ma se questo è il prezzo vogliamo la guerra,
vogliamo vedervi finire sottoterra.
Ma se questo è il prezzo lo abbiamo pagato,
nessuno più al mondo dev'essere sfruttato.
10 Bella ciao (03:17)
Una mattina mi son svegliato
O bella ciao, bella ciao, bella ciao ciao ciao
una mattina mi son svegliato
e ho trovato l'invasor.
O partigiano portami via
O bella ciao, bella ciao, bella ciao ciao ciao
o partigiano portami via
che mi sento di morir.
E se io muoio da partigiano
O bella ciao, bella ciao, bella ciao ciao ciao
e se io muoio da partigiano
tu mi devi seppellir
Seppellire lassù in montagna
O bella ciao, bella ciao, bella ciao ciao ciao
Seppellire lassù in montagna
sotto l'ombra di un bel fior
E le genti che passeranno
O bella ciao, bella ciao, bella ciao ciao ciao
e le genti che passeranno
mi diranno che bel fior
Questo è il fiore del partigiano
O bella ciao, bella ciao, bella ciao ciao ciao
questo è il fiore del partigiano
morto per la libertà.
12 Ninnananna (03:52)
Camminavo vicino alle rive del fiume
nella brezza fresca
degli ultimi giorni d'inverno
e nell'aria andava una vecchia canzone
e la marea danzava correndo verso il mare.
A volte i viaggiatori si fermano stanchi
e riposano un poco
in compagnia di qualche straniero.
Chissa dove ti addormenterai stasera
e chissà come ascolterai questa canzone.
Forse ti stai cullando al suono di un treno,
inseguendo il ragazzo gitano
con lo zaino sotto il violino
e se sei persa
in qualche fredda terra straniera
ti mando una ninnananna
per sentirti più vicina.
Un giorno, guidati da stelle sicure
ci ritroveremo
in qualche angolo di mondo lontano,
nei bassifondi, tra i musicisti e gli sbandati
o sui sentieri dove corrono le fate.
E prego qualche Dio dei viaggiatori
a che tu abbia due soldi in tasca
da spendere stasera
e qualcuno nel letto
per scaldare via l'inverno
e un angelo bianco
seduto vicino alla finestra.
Carico i commenti... con calma
Altre recensioni
Di El
Un lungo viaggio di posti e di emozioni, la prima tappa molto ben riuscita di questo gruppo cardine del folk italiano.
Poesia mista a radici popolari, canti di lotta e di rabbia, l’allegria della Romagna e l’asprezza della Guinness nei pub d’Irlanda.
Di paloz
"In un giorno di pioggia", una superba ballata folk di una dolcezza inesprimibile.
Questo è un album imperdibile, che ha dato forma ad un folk diverso e 'combattivo'.