La copertina di questo terzo lavoro del cantautore marchigiano è già tutto un programma! È geniale, è folle... una campana? E che significa? Assolutamente niente! È questo il bello, la copertina non lascia trapelare nulla sul contenuto del disco, anzi, sono addirittura portato a pensare che ne scoraggi l'acquisto. Ebbene sì, il grande UMBERTO GIARDINI (MOLTHENI) è tornato e lo fa davvero in silenzio, senza nessuna pretesa, senza nessun giro di parole... Chitarre acustiche, wurlitzer, batteria e alcuni spunti (ma proprio alcuni) di chitarra elettrica per avvolgere di ulteriore poesia gli "amoris carmina" di un personaggio troppo sottovalutato, troppo mal giudicato da critica e pubblico.
E che farà mai il signor Umberto di così sbagliato? Uccide? Ruba? Insulta? Niente di tutto ciò! Moltheni è felice, è sereno e i suoi dischi sono probabilmente l'altra faccia della sua vita normale... l'angoscia prende il sopravvento, gli accordi a corde libere vibrano con un sustain infinito e la poesia finalmente si realizza, conosce la sua forma ideale!

Il titolo"splendore terrore", come la copertina, non ha un significato preciso... è pura, libera associazione di suoni , come puro e libero da qualsiasi logica di mercato è questo prodotto discografico realizzato in una settimana. La prima traccia "Gli occhi di Mara Cagol" fa subito entrare nello spirito giusto del disco. Un wurlitzer un pò saturato che inneggia al minimalismo puro che è poesia rispetto alla letteratura scadente propostaci ultimamente in radio... i testi del resto delle canzoni sono ugualmente minimali, poche parole... ripetute più volte... ipnotiche se cantate da una voce calda e ruvida come quella del Moltheni. Nella seconda traccia ("Splendore terrore") c'è ad un certo punto un innesto di chitarra elettrica da brivido e mi è bastato un attimo per capire che mi trovavo di fronte al disco dell'anno!!! L'ascolto procede estasiato dal calore della chitarra acustica e dalle melodie cantilenanti del marchigiano eppure non una di queste tracce mi dà noia, nessuna! Certo, bisogna essere predisposti ad un certo tipo di atmosfere per procedere con "Finta gioia" all'ascolto, ma non mi sono mai sentito così "felicemente" angosciato come in questo momento! Non ci sono note colorate, c'è un bianco e nero costante e il freddo di gennaio a fare da scenografia... L'ultimo brano "Suprema": pianoforte e voce e Moltheni che cerca di convincermi del fatto che "nascerà un nuovo mondo gentile e imperfetto ma immune da tutto".
Tutto qui, il disco è finito... Moltheni mi ha regalato 43 minuti di quiete e bellezza estrema... per fortuna Umberto è tornato, grazie...

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