Visioni mistiche dal sapore cinematografico, propulsioni audio-visive su ritmiche scomposte.

Monolake, progetto tedesco decisamente "oltre": i confini, le barriere, il tempo, elementi continuamente modellati/plasmati nel trionfo del qui-e-ora, fluttuanti in uno spazio ovattato, al di fuori di ogni canone. Ci immergiamo nelle infinite modulazioni delle frequenze con l'impressione di galleggiare a due metri da terra, nell'assenza totale di gravità, persi in galassie lontane ma vicine nella sincronia dell'esperienza artistica/estatica. Minimal, dub, techno, IDM...

Le definizioni si sprecano per il collage sonoro di "Cinemascope", a discapito del sentire libero e disinteressato, nel tentativo di (dis)orientarci ulteriormente tra i riverberi sghembi di "Cut" e le impercettibili micromutazioni di "Ionized", fino all'ossessività percussiva di "Alpenrausch", dove mille e più voci echeggiano tra le distorsioni, sovrapponendo istanti e frammenti di messaggi in un inquietante mix dal sapore post-moderno. Poi fa buio, chiudiamo gli occhi e la corrente ci spinge lontano in "Indigo", brevi singulti sincopati che sfumano nella memoria, come il lento fade-out che ci riporta sulla Terra. Che cosa abbiamo visto? Cosa non vediamo normalmente? Domande pretenziose, a cui ognuno proverà a dare le proprie risposte.

I Monolake ci forniscono gli input con "Cinemascope", un'odissea nello spazio-tempo non a caso datata 2001. Studiata convergenza d'intenti o semplice coincidenza kubrickiana? Vallo a capire...

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