Finora ho scherzato, ma va a finire che prima o poi ci piglio gusto e con la scusa di DeBaser tiro fuori tutto quello che mi sembra giusto ...

Mi perdonerà Giorgio Gaber per la citazione, ma la ritengo assolutamente perfetta alla bisogna, visto che al cospetto dei Morlocks i gruppi che ho via via proposto sono poco più di uno scherzo.

E dato che sono già stati segnalati quelli che reputo il miglior disco garage della storia ed il secondo miglior disco garage della storia, io mi accontento (si fa per dire) di presentarVi l'ultimo parto di Leighton Koizumi, corpo ed anima (e tutto il resto) dei leggendari Gravedigger V prima e degli altrettanto imprescindibili Morlocks poi.

E certo che un nome migliore per il gruppo Leighton non lo poteva scegliere. Generati dalla penna del romanziere H.G Wells, i Morlocks sono gli umanoidi sotterranei che popolano le pagine de «La Macchina Del Tempo» e che, col favore delle tenebre, emergono talora in superficie. Ora, ditemi voi se riuscite a distinguere, tra questo e quest'altro, chi è il Morlock e chi è Leighton.

E, peraltro, se esiste un gruppo che possa definirsi sotterraneo, quello senza dubbio risponde al nome di Morlocks: un disco pubblicato nel 1985 - lo strepitoso «Emerge» - un paio di live tra il 1988 ed il 1991, i segnali di vita di «Uglier Than You'll Ever Be» nel 1997 e poi il buio totale ... tanto che diventa semi-ufficiale la notizia della morte per overdose di Leighton.

Macché. Il Nostro risorge in Italia nel 2004 e rende ogni appassionato del Belpaese un novello San Tommaso, testimone di apparizioni che si ripetono su e giù per lo Stivale.

È il preludio al ritorno in grande stile nel 2007, con «Easy Listening For The Underachiever», solo per ribadire chi è il padrino, nonché dominatore, indiscusso ed indiscutibile della scena garage da trent'anni a questa parte. È la sensazione che provi quando ascolti un gruppo punk degli anni Novanta o successivi e magari pensi ... bello questo; poi, casualmente, ti imbatti in un tardo Iggy Pop in serata di grazia o in «Zeno Beach» dei Radio Birdman ed allora, magicamente, tutto torna al posto giusto.

Ora, con «The Morlocks Play Chess», Leighton ci va giù pesantissimo, riproponendo dodici brani più o meno famosi incisi per la Chess Records nella notte dei tempi.

Uno legge la scaletta, trova (tra gli altri) i classicissimi «I'm A Man», «Killing Floor», «Smokestack Lightning», «Who Do You Love», «Boom Boom», «You Never Can Tell» e «Back In The U.S.A.» e magari pensa ... vabbè, i Morlocks sono arrivati alla frutta e raschiano il fondo del barile per attirare qualche gonzo, magari uno che sta lì pronto ad esclamare  «Ma è la canzone di Pulp Fiction» o peggio «Ma è la pubblicità dei Pavesini».

Ma levatelo dalla testa, e subito, un simile pensiero, ché un tipo come Leigthon preferirebbe morire all'istante piuttosto che mettere su disco qualcosa di meno che onesto e passionale: cazzo, Lui è Leighton Koizumi, mica un Eric Clapton qualunque!!

Al contrario, il primo pensiero che ti prende e non ti lascia per un bel po' è che i Morlocks sono tornati con un disco di inediti, un grande disco per di più. Dodici nuovi brani dei Morlocks, quindi, perché la capacità di Leighton di personalizzare il tutto è inarrivabile, quasi come la follia che lo scuote, la stessa che lo spinge ad aprire e chiudere «Help Me» al ritmo di «My Generation» o ancora ad indossare il giubbetto, i jeans sdruciti e le scarpe da tennis di Joey Ramone in «Promised Land».

E qui ne approfitto per considerare come solo i Ramones in «Acid Eaters» e pochi altri grandissimi (Nick Cave, Mark Lanegan ...) siano riusciti ad immedesimarsi talmente in brani altrui da renderli propri.

Allora, non c'è dubbio che Leighton sia il più grande e che per Lui questa non sia soltanto una nota a seguirne e precederne altre cento, ma qualcosa di più, una questione di vita o di morte.

Come sempre, lunga vita ai garagisti di tutto il mondo e lunga vita al padre spirituale di ogni gazzers, Leighton Koizumi.

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