Stati Uniti, 1967: una casa discografica, la Nonesuch, commissiona a un compositore, Morton Subotnick, un pezzo di musica elettronica destinato alla pubblicazione su long-playing; il disco e il brano in esso contenuto dovevano servire a rendere accessibile al grande pubblico il nuovo genere musicale. Nasce così "Silver Apples of the Moon", che diviene all'epoca una sorta di caso internazionale.
Nuovo genere, si diceva. Perché se in Europa la musica elettronica aveva già sfornato da un quindicennio opere importanti, gli Usa accusavano un certo ritardo, più dal punto di vista della creatività e dell'inventiva che sotto l'aspetto tecnico. Così Subotnick dà il suo contributo e ne risulta un pezzo che per originalità e carattere troverà il suo posto stabile tra i risultati più significativi di questo genere.
"Silver Apples of the Moon" è diviso in due parti (come i lati del long-playing) per 31 minuti complessivi di musica. Tutti i suoni sono generati da un sintetizzatore modulare Buchla invece che con la strumentazione e la tecnica tradizionali degli studi di musica elettronica europei (generatori di impulsi, oscillatori, manipolazioni su nastro magnetico, eccetera). I primi sintetizzatori venivano sviluppati proprio allora e Subotnick stesso fornì stimoli e suggerimenti al progettista Don Buchla, negli stessi mesi in cui Robert Moog realizzava i suoi pionieristici modelli.
Subotnick fa un uso creativo del sintetizzatore (era molto stimato per questo da Luciano Berio, che diceva che i synth non sono strumenti musicali), crea un balletto indiavolato di suoni guizzanti e capricciosi, organizzati in un intrico sonoro di densità pressoché costante e con rare pause di distensione. Certo, i suoni sono gelidi, pulitissimi ma poco coinvolgenti per l'ascoltatore non avvezzo al genere. La predilezione di Subotnick per gli impulsi, invece che per le fasce di suono abbondantemente usate altrove nella musica elettronica, rendono non facile l'ascolto di questo pezzo, che conserva comunque svariati motivi di interesse.
Anche il ritmo ha un ruolo importante (altra differenza rispetto all'elettronica europea), specie nella seconda parte dove un crescendo nei primi 8 minuti porta a una sezione ben caratterizzata e riconoscibile. Il titolo del brano, per la cronaca, cita un verso del poeta irlandese William Butler Yeats. "Silver Apples of the Moon" è ormai un classico della musica elettronica e, archiviata l'era del vinile, lo si trova oggi in cd spesso abbinato a un brano del 1968, "The Wild Bull".
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