Ci sono due modi per fare un disco live: scegliere una manciata di successi della band, smussare le asperità eccessive e aggiungere una buona dose di urla in vitro, oppure immortalare su disco ciò che la band sta realmente facendo dal vivo, dando vita ad un prodotto ambizioso ma sincero.
Ed è quello che i Motorpsycho decidono di fare con il progetto "Roadwork", il cui primo frutto, dall' ironico ed improbabile titolo, proviene dal tour di "Trust Us", anno Domini 1998, dopo 27 concerti e circa 40 ore di registrazioni, e vede finalmente il ritorno della formazione a tre (Bent, Snah e Geb), nella fase più hard rock della loro carriera prima della svolta pop-psichedelica di "Let them eat cake". È la band stessa a scegliere il materiale ritenuto meritevole di essere registrato, escludendo qualsiasi logica di marketing, e si sente: a volte il suono non è dei migliori -il livello di dB cui le canzoni sono state registrate e le parole "high fidelity" non sono compatibili-, qualche volta la voce di Bent vacilla e le versioni dei 6 brani qui proposte, superdilatate e all'insegna dell' improvvisazione, non sono certo il mezzo migliore per raggiungere la posizione n° 1 delle charts di MTV.
L'apertura è affidata al macigno di "The other other fool", brano mai registrato in studio, concepito in origine come parte integrante di "The other fool", da cui è stato separato per l'eccessiva diversità dei due pezzi: un basso wah-wah dal groove irresistibile ci introduce dentro ad un lungo delirio pseudo-stoner di rara potenza, sorretto da una batteria martellante e un ritornello paranoico che senza accorgervene vi ritroverete a canticchiare sotto la doccia, riproiettandoci negli anni '70. Impossibile non dimenare i deretani! Si passa il testimone poi alla monumentale "A K9 suite", figlia legittima di "Un Chien D'espace", della quale riprende giusto il pezzo iniziale e quello finale; il resto è un' altra canzone. Mezz' ora di vortici e dissonanze, una lunghissima parte centrale in cui i tre sperimentano con altri strumenti (Bent infuria alla chitarra 12 corde mentre Snah concretizza i suoi incubi su un piano Rhodes e un Moog Taurus), partendo quasi dal silenzio, suonando solo una nota per tre minuti, per poi partire nello spazio accelerando sempre di più sempre di più sempre di più fino a quando la canzone non implode su se stessa e collassa, lasciando lo spettatore attonito e stordito nelle sue convulsioni. Sembra quasi di assistere ad un rito iniziatico, dove i tre sacerdoti alzano incomprensibili oboli alla luce di una luna insanguinata. È come se i Pink Floyd si fossero trovati con i Sonic Youth e si fossero fatti d'acidi tutti quanti assieme. Per farci riprendere a respirare e metabolizzare questo assurdo viaggio, senza esitazione dalle casse parte subito il giro di basso 70s di "Superstooge", proposta qui come medley con "The Wheel", il colosso drone di "Timothy's Monster". Dimenticatevi però vibrafono, mellotron e pianoforte: sul palco sono solo in tre ed hanno due mani ciascuno. Ma spogliata della componente più psichedelica, le sei mani in questione danno vita ad un assalto sonoro veramente coinvolgente, pur non raggiungendo l'austerità e l' ipnotismo della versione su disco, che rimane imbattuta (e imbattibile). L'anthem "Walking On The Water/You Lied", cantato a gran voce da tutto il pubblico, apre la parte più rock dell'album, in cui il power-trio fa esplodere tutta la sua energia travolgente, e viene quasi voglia di saltare e spaccare a testate qualche finestra. A seguire una cover, "Black To Comm" degli MC5, feroce e violenta, che vede al suo interno anche una parte di "Back To Source", adeguatamente modificata per adattarla al meglio al ritmo assolutamente rock‘n'roll della cover. Un attimo di pausa e delle note di glockenspiel ci fanno capire che siamo giunti al termine di questo viaggio nel vortice: si tratta della magnifica e toccante "Vortex Surfer", uno dei pezzi più amati dal folto e fedele gruppo di fan, sofferta e commossa a partire dalla voce espressiva di Bent.
Il disco si chiude così, sancendo una volta per tutte l'autorevolezza e la validità del camaleonte Motorpsycho, sicuramente uno dei migliori e più originali gruppi underground europei degli ultimi vent'anni, che ha fatto del passaparola e della sincerità delle sue proposte musicali le sue armi migliori.
Space is the Place.
Carico i commenti... con calma