"Tu che t'insinuasti come lama  
Nel mio cuore gemente; tu che forte
Come un branco di demoni venisti
A fare, folle e ornata, del mio spirito
Umiliato, il tuo letto e regno -infame
A cui, come il forzato alla catena
Sono legato; come alla bottiglia
L'ubriacone; come alla carogna
I vermi; come al gioco l'ostinato
Giocatore - che tu sia maledetta!"

Il vampiro

Con un cinismo a tratti onirico, a tratti disilluso, Willy Roussel (Meyhna'ch) ribalta il tradizionale tema del vampirismo, colmo di avventure gotiche e castelli ombrosi, trasformandolo in qualcosa di completamente diverso, metafora del cancro che rode l'uomo dall'interno, che lo spinge a danneggiare se stesso ed il prossimo per dare un senso ad un'esistenza già segnata in partenza.

Dimenticatevi delle secchiate di sangue finto e delle buffonate granduguignolesche che hanno caratterizzato la produzione musicale dei Cradle Of Filth ed altri casi pietosi; l'universo di "Majestas Leprosus" si muove tra coordinate più raffinate e decadenti: "Addiction", capolavoro di Abel Ferrara, dove il Vampirismo viene riletto in chiave metropolitana, specchio di una società in cui prevalgono dolore e prevaricazione, e "Nosferatu", di Murnau, l'unico che abbia saputo mostrare il lento accasciarsi delle forze vitali, contaminate dal Male.

Se il disco si mantiene, musicalmente parlando, entro coordinate tipicamente norvegesi, legate ad un Raw Black Metal darkthroniano ma decadente (seppure supportato dalla migliore produzione di cui i Mutiilation abbiano mai goduto), è l'immaginario concettuale che è del tutto personale questo disco è francese dalla testa alle gambe, pieno com'è di rimembranze ottocentesche: i Mutiilation (ma sarebbe il caso di parlarne al singolare, ora sono una one-man band) rappresentano il lato nero della vita bohemiene, quello tenuto nascosto dagli scintillanti lustrini del Mouline Rouge, dalla vitalità frenetica del Maggio Francese: quando queste esperienze volgono al peggio, lì troviamo Majestas Leprosus. Non è forse già il nome del gruppo, Mutiilation, un segnale concreto della mancanza, della privazione di qualcosa di vitale, sottratto irrimediabilmente?

Il concept che ruota intorno alle composizioni si divide in tre atti, una lenta discesa attraverso le aberrazioni della mente, riflettendo sul significato del dolore, quello inflitto e quello provato: la riflessione porterà alla fine alla scelta tra queste due facce del Vampirismo, che tiene in vita e consuma a l tempo stesso. "Tormenting My Nights" mostra bene questo pensiero che rode la mente, continuamente, costringendo ala veglia il protagonista: giunti a tali bassezze dello spirito l'uomo può vivere soltanto da solo, come un cane randagio, continuando a molestare gli altri, e maledicendo se stesso per quel che è diventato; tra i versi si notano i riferimenti alla vita personale del musicista, rovinatosi in seguito al contatto con le droghe pesanti, ripudiato da amici e dagli altri musicisti francesi. Non so se sia consapevole di ciò, ma la terza canzone "Destroy Your Life For Satan" è incentrata su un riff davvero particolare, basato sulla veloce ripetizione di accordi, dal sapore tutto sommato allegro, macchiati però dal gracchiare della voce di Roussel: sembra di ascoltare una canzone di Jacques Brel in versione Black Metal, disperata ed orecchiabile al tempo stesso.

La sezione centrale è composta da altre tre canzoni molto belle, che illustrano invece il grado di emarginazione e solitudine in cui si trova il protagonista; sono immagini molto forti e visionarie, senza mai rasentare la volgarità, che portano l'ascoltatore, come in un effetto film, davanti alla miseria spirituale di Roussel, costretto a vivere tra insetti e animali randagi, gli unici suoi compagni, signore dei reietti. Soltanto la lettura dei testi può dare bene conto delle sensazioni che si provano davanti a quest'opera.

Infine l'ultima sezione, che lascia un punto interrogativo davanti alla conclusione della storia: se il suicidio rimane sempre sullo sfondo come unica soluzione possibile, sembra sempre di più che l'anima sia destinata a proseguire in quei territori di desolazione spirituale; l'ultima traccia "Words Of Evil" (l'Outro) ci lascia con un susseguirsi di discorsi in sottofondo, voci contrastanti nella mente, probabilmente condannata ad un eterno scontro con se stessa, parodia dello sperato Nirvana.

Un disco da ascoltare, nella sua complessità concettuale, lontana anni luce dall'horror che spesso pervade il Metal, con un livello di scrittura altissimo, che in certi casi solleva un disco che musicalmente non raggiunge gli apici del capolavoro "Vampires Of Black Imperial Blood" (non sarebbe stato possibile).

Carico i commenti...  con calma