Il melo fa le mele, il pero fa le pere, il pesco fa le pesche, il banano fa le banane, il fico fa le... FOCHE!
Bombolo è Buddha: vede stravede prevede s'avvede provvede intravvede ravvede sopravvede. Il suo piagnisteo "Tze-Tze" è il sorriso deficiente dell'illuminato. Con quella coccia pelata e panza glabra ci rassomiglia pure. Sgomina la schiavitù classista della coniugazione dei verbi spezzando il terrore del dubbio dell'errore: "me ce innamoratti", "entratti dentro e me venitte da canta' 'na canzone", "me la farebbe subito"...
Nel suo gabinetto del dottor Caligari de 'sto cazzo cauterizza causticamente patologie elargendo panacee impensabili, irresistibili guarigioni mediate da uno spirito trilussiano da fame vissuta.

Non si ha paura di niente, ha sintetizzato l'annientamento della miseria della vita con un "mavattenaffanculo" che scaccia definitivamente nebbie avventiste di prevaricazioni egoborghesi. La sua presenza proietta nel passato e nel futuro sia l'immediato dell'inaspettato sia quelle grandi corna che si piglia, ma d'altronde erano veramente troppi i piatti da lavare.

Monda il peccato originale di ognuno di noi attraverso l'esternazione di tutti gli umori scatenati dalle situazioni cercate e subite. Da giocoliere di venditore abusivo di piatti in piazza che era, l'equilibrismo serafico permane anche al cambio della sfera (dicasi testicolo) trasformatasi in "quadrata": mutazioni alchemiche trash condite da mimiche facciali e bislacche pantomime che ci avvicinano alla perfezione.

Giullare del doppio misto del pacco del "tiriamo a campare", ambisce ad un "innalzamento" permanente di assurdi paradigmi esistenziali che cambiano continuamente, agli ordini di girotondi di un meteorismo che olezza sguaiate realtà svelate sotto un pragmatismo di sopravvivenza inoppugnabile: “Eh no, a ‘sto punto i piatti i vado a lavà io, ma nun je date a vasellina a quello che sennò ce se inchiappetta a tutt’eddue!”

E se Bombolo è Buddha, Nando Cicero è il Demiurgo che plasma dal nulla qualsiasi cosa. Prova concreta è la lungimiranza nel capire già nel 1982 il pericolo del dragone cinese mangiatutto attraverso il Viagra portentoso che si sgonfia con un fischio. E la bolla di sapone dei "bambù" costa un occhio della testa delle vecchie lirette per due pillole: 'cci loro...

Affabulatore di una mistificazione anarchico-pipparola, il regista prosegue lancinante nell'immediatezza della rappresentazione. Come un Kafka de noantri scarnifica financo le possessioni sciogliendole col laser di un'ilarità extraterrestre. Cose dell'altro mondo che ci vengono propinate con l'effetto di devastazioni delle nostre basi razionali.

E Lory Del Santo? È 'na fica stratosferica e basta! Lo sa Khashoggi, lo sa. Casca dalle nuvole direttamente sulla canna assente della bicicletta e candidamente non se ne accorge subito, anche se l'arrapataggine ce la tira tutta fuori la Lassander, prodigatrice di ninfomanie benefattrici: d'altro canto "di 28 (cm) ce n'è uno, tutti gli altri ne han 31"...

E la protezione animali è chiamata più per i protagonisti "scappati de casa" che per la foca (che poi sarebbe un'otaria), l'assurdo è portato ai confini dell'impossibile e la grande scuola dell'avanspettacolo si rivela ancora una volta il passepartout per aprire siparî invisibili su palcoscenici dove il golfo mistico produce una sonora pernacchia in odorama. Ma che vogliamo di più se non questo tipo di benedizione?

Il Cicero si diverte "spanzando" all'architetto Greenaway la carrellata su Roma nei titoli iniziali (ricordando anche le inquadrature della città eterna su Ultimo tango a Zagarol), citando lo Psycho hitchcockiano, escluso l'irriproducibile copyright del fischio, nella scena della doccia, anticipando le sbirciate morbose di Basic Istinct nel cambio delle calze nel tassì, ribadendo la grande abbuffata di cazzate sparate una dietro l'altra, in maniera così efficace. E poi ci fa la sorpresa di fare partecipare una giovanissima Moana Pozzi facendola esprimere nel suo più genuino mignottismo mistico, nonché una Michela Miti che tutti poi, sempre nel 1982, ammireremo in quell'indimenticabile Biancaneve: "eccallà, TA-TA!"

E se vogliamo assaggiare qualcosa di surreale, di dadaista oserei dire, è d'obbligo passare da queste parti dove una trascendenza coatta è portata ai più alti livelli di spazzatura cosmica e il pulviscolo monnezzaro abbronza indelebilmente la parte eclettica mignottesco-guardona di ognuno di noi. La "lassatività" di Nando Cicero come persona (assiduo frequentatore di casini) e di come affronta la regia è nociva per una continuazione della nostra meravigliosa vita occidentale ma fondamentale nell'estirpare le travi che gravitano nei nostri occhi fornendo un collirio che decongestiona false estetiche, questo gli costa quasi la galera.

A parte il porgere chiappe e affini che fanno contenti tutti, è il concepire di vincere una foca tramite un concorso che ci trasporta in zone allucinanti. È una proposta di sondare l'impensabile che non si può mancare per quella crescita animica scorreggiona che conferma che "quello che sta in basso, sta in alto", come diceva quell'amico mio di qualche millennio fa. E poi si accelera nell'infinito con l'indisposizione dell'animale, no comment.

Il fitness funzionale della pellicola poi lo si scoperchia tastando l'efficacia del metodo dimagrante del negro sodomizzatore che insegue i ciccioni che attingono da infarti mancati per non farsi "acchiappettare". E come non scegliere per sempre la Lory come testimonial health del "pensa alla salute" al posto di una Jane Fonda, o un Olivia Newton John, che con la loro secchezza non potrebbero mai librificare il ludo di lumare sani mediterranei onanismi.

E l'escusatio non petita, accusatio manifesta dell'occultamento del film per più di vent'anni palesa spudoratamente la validità del "progetto" e premia nel lungo periodo la genialità deviata del direttore di questa orchestra caco-fonica che eternizza il girato (quasi tutto in presa diretta) col suo suicidio artistico decretato da barzotti (re)censori che al tempo lo crocifissero, tanto che il film durò neanche due settimane di programmazione nei cinema e venne violentemente ritirato e eclissato per svariati lustri.

Ma ogni stratificazione di umanità vuole il suo Cristo e alfin Nando Cicero (e tutto 'sto baraccone) è sceso dalla croce risorgendo così da pontificare il suo nonsense secolare: "che Dio li benedoca!"

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