Chiudendosi a riccio tra posizioni agli antipodi si potrebbero trarre due conclusioni: a) Nanni Moretti è un ottimo regista ed un bravissimo attore; b) Nanni Moretti è un pericoloso comunistoide anti democratico. Direi che, personalmente, la prima opzione mi trova più d'accordo, anzi, la seconda non la prenderei nemmeno in considerazione. E non è che aver fatto uscire un film riguardante (molto alla lontana) Silvio Berlusconi sotto periodo elettorale sia sinonimo di comunista arrogante (malgrado i vari lacchè berlusconiani, da Bondi a Schifani passando per Fede Emilio la pensino esattamente così) anche perchè, in paesi più democratici dell'Italia, vedi alla voce Stati Uniti d'America, i film anti-Bush si sprecano, da "Fahrenait 9/11" a "Death of President" e nessuno si sogna di censurarli o etichettarli come 'esempi di cinema eversivo'.
"Il caimano" non è un film eversivo, perchè non parla di Silvio Berlusconi (ne parla pochissimo) ma parla della società e della morte sul lavoro, tanto cara a Cocteau. Un produttore in fallimento, un meraviglioso Silvio Orlando, dopo avere sbriciolato anni ed anni di grandi successi (suoi film mitici come "Mocassini assassini" e "Violenza a Cosenza"), pur di risollevare una carriera altrimenti giunta al tramonto, decide di cedere alle insistenze di una giovane regista (Jasmine Trinca) che gli serve su un piatto d'argento una stranissima sceneggiatura che sembra critica nei confronti di un noto personaggio politico. Bruno Bonomo, il produttore, si accorgerà con notevole ritardo che il personaggio politico di cui la giovane vuole sviscerare vita, morte e miracoli è Silvio Berlusconi. Guai in vista.
Moretti concentra tutta la propria attenzione su Bonomo, i rapporti con la moglie e i figli, i compromessi con attori, produttori e mondo del cinema in genere, le mille difficoltà per girare anche le più semplici scene. Bonomo non è Moretti, ma gli va molto vicino: complessato, un pò timoroso e perplesso, indeciso, stressato, sembra la rappresentazione del Moretti prima maniera, quello che doveva girare mille case di produzione prima di trovare qualcuno interessato a distribuire i suoi film ("Io sono un autarchico", "Ecce Bombo"). Intorno si muove un mondo abbastanza gretto e meschino, popolato per lo più da produttori svalvolati, attori fuori di testa (l'insolitamente bravo Michele Placido) e un francese, che durante un bagno in piscina pronuncia una frase che è il succo dell'intero film: "Voi italiani siete un popolo strano... scavate... scavate... siete sul fondo e continuate a scavare".
Il mondo del cinema, fatto di miserie e nobiltà (come avrebbe detto Totò), fatto di macchiette umane e umane macchiette, con la paura di non dare fastidio a nessuno, e la voglia di rimettersi ancora in gioco. Memorabile la scena in cui Jasmine Trinca rivela a Silvio Orlando di essere lesbica: in quattro e quattr'otto il film pare sul punto di non farsi. Perchè la morte al lavoro è sempre dietro l'angolo, osando si può rischiare tutto e finire con in mano un pugno di mosche, si può cadere da un impalcatura e morire, si può camminare sul filo senza avere la corda sotto. Ed una riflessione su cinema e società: il cinema oggi è al passo con la società? Pare proprio di no, sembra volerci dire Moretti, datosi che, piuttosto che produrre un film politico, le grandi major si accontentano dell'ennesima versione in celluloide di Cristoforo Colombo. D'altronde, questa grande idea di fondo è una grande invenzione 'morettiana', nessun regista italiano aveva mai osato l'inosabile: fare un film e parlare male del mondo del cinema. O almeno, nessuno lo aveva mai fatto con tale forza.
Un film drammatico dunque? No, non proprio. Le catastrofi in cui incappa Silvio Orlando sono spesso molto divertenti, a volte quasi ridicole. Impagabile quando cerca di non portare i figli al cinema a vedere "La guerra dei mondi" (molto morettiana come scena, parlare male di un film durante un film, era già successo in "Caro diario"), ma altrettanto esilarante è l'incipit, in cui vengono mostrati alcuni spezzoni di un trash film politico con protagonista la moglie di Bonomo, la bravissima Margherita Buy. Citazione o gusto dello sberleffo? Entrambe.
In questo film che parla di società, di rapporti umani e cinema nel cinema, guarda caso, i momenti più deboli sono quelli in cui si parla di Berlusconi. Momenti che, se tolti dal film, renderebbero l'insieme ugualmente bello ed accettabile. I Berlusconi sono tre: Elio Capitani, che non spinge sul pedale della macchietta ma appare abbastanza convincente, quello di Placido, ironico e buffo, e quello finale di Moretti, apocalittico e crudele. Sono momenti incastonati all'interno del film, come dei sogni, come dei ricordi, ma hanno il demerito di smorzare il ritmo della pellicola e, sotto sotto, servono a poco e a niente. Debolissimo è soprattutto il Berlusconi morettiano finale: un lungo monologo per dire cose scontate (i rapporti con gli alleati di governo, la sinistra anti democratica, il razzismo della Lega) ed un finale apocalittico con tanto di fiamme a distruggere il Tribunale di Milano, che sembra più una modestissima tesi rivoluzionaria d'accatto, che mal si addice al film, elegante e signorile.
Le debolezze delle scene berlusconiane servono però a capire quanto "Il caimano" non sia un film politico, ma quanto piuttosto un film sulla realtà sociale italiana all'interno di quel vasto e viscido mondo che è il cinema tricolore. L'aver voluto inserire il personaggio di Berlusconi (compare, tra l'altro, anche quello vero) appare più una sensazionalistica trovata pubblicitaria utile solo a racimolare qualche euro in più e qualche polemica di troppo. Sbaglia chi pensa che questo sia il film più politico di Moretti ("Palombella rossa" sì che lo era), qui siamo in altri territori, a metà tra la critica al sistema Italia e l'accusa al mondo del cinema. Quasi un autobiografia morettiana, un pò meno esplicita di "Aprile" ed un pò più cattiva di "Caro diario".
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