In mezzo a tante uscite monstre di questo periodo, conquistano il gradino più alto del podio dei miei ascolti preferiti i Nap Eyes con "The Neon Gate".

I Nap Eyes sono una band indie rock canadese originaria di Halifax, in Nuova Scozia, attiva dal 2011 e portabandiera della Paradise of Bachelors, un'etichetta discografica del North Carolina, acclamata dalla critica e nominata ai Grammy.

"The Neon Gate" deve i natali alle demo acustiche che Nigel Chapman (frontman della band) ha registrato con l’aiuto di una drum machine durante il periodo COVID. Le intuizioni di Nigel hanno poi assunto la profondità e l’organicità di un vero e proprio album grazie all'apporto degli altri membri del gruppo: Brad Loughead, Josh Salter e Seamus Dalton.

La band ha saputo valorizzare il patrimonio emotivo di quei giorni, senza snaturarlo ma trasformandolo in un’opera coesa e collettiva. L’ascolto rivela una fragilità palpabile espressa attraverso testi che affrontano argomenti come la filosofia, la fisica e la fantascienza; dipanati su un tappeto di ansia tipica di quelle settimane. Il tutto arricchito da riferimenti e citazioni sia pop che letterarie, dai videogiochi Nintendo a Yeats.

"The Neon Gate" è un disco post-rock e guitar pop insieme, costruito su tracce lunghe e ipnotiche in cui le chitarre acustiche e quelle elettriche si fondono in un abbraccio di riverberi e sintetizzatori. Otto tracce su dieci superano i sei minuti, invitando ad una fruizione lenta e contemplativa, dove ogni brano si svela poco a poco per restare a lungo nelle orecchie dell’ascoltatore.

The Neon Gate così intimo e malinconico, così fragile ma potente, fa dei Nap Eyes una delle band più originali dell’indie contemporaneo.

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