Pagnacco, prima metà di gennaio del 2005. Durante una ricreazione, io e i miei amici di terza media proviamo a spiccicare qualche sentenza sensata sullo tsunami che il giorno di Santo Stefano ha sconvolto il Sud-est asiatico e il mondo intero... probabilmente finendo con lo sparare una classica manica di minchiate. Al tempo eravamo giovanissimi e beati; sentivamo queste catastrofi come lontane, e volevamo solo darci un tono.

Passano sei anni; pieno periodo metallaro. Spinto da pura curiosità, su Youtube decido di ascoltare un disco che si chiama "Shift" di tali Nasum (boh...). Dopo essere stato investito da una terrificante agonia sonora, ho pensato: "Cazzo...ci sanno fare questi!". Giudicandoli meritevoli di approfondimento, presto scopro che nel 2005 si sono sciolti. Ma perché, diamine? Presto detto: perché il cantante e chitarrista Mieszko Talarczyk, in quello tsunami di cui parlavo da ragazzino, ci era morto. Col tempo mi sono reso conto che i Nasum sono forse stati i maggiori eredi dei Napalm Death, e il suo decesso è stato una tragedia anche per la musica estrema. Un artista, che però non si chiamava Robbie Williams o Britney Spears e di cui, quindi, almeno per quanto ricordo, nessun giornale o tg "di massa" ha mai detto alcunché. Fanculo!

"Grind Finale" (ovvio il gioco di parole) è una sorta di testamento voluto da Anders Jakobson (membro fondatore) in onore di Mieszko; un testamento sia cartaceo (un vero e proprio libriccino commemorativo di 80 pagine ricco di testi, foto, note e informazioni) che sonoro (la bellezza di 152 canzoni distribuite su due CD per un totale di due ore e spiccioli). Una specie di documentario che inizia con la rivelazione dell'origine del moniker, tratto dal film "Flesh for Frankenstein"- quella "manus" era perfetta...ma adesso dobbiamo trovare un perfetto..."nasum"- e procede attraversando e mostrando tutte le fasi della carriera del gruppo svedese, assemblando split, EP, remix e brani inediti. Dal primo split "Blind World" del'93, quando alla voce c'era Alriksson e i nostri evidenziavano influenze Death metal (d'altronde i due fondatori provenivano direttamente dai Necrony) fino ai tempi di "Shift", caratterizzati da una maturità e una complessità evidenti rispetto agli esordi, passando per il periodo "crust" e per i tributi a gruppi come Napalm Death o Carcass.

Due ore di fottuto Grindcore con la G maiuscola. 

Questa compilation è lanciare tredici alveari a un comizio leghista. È andare a una festa con gli occhiali da sole e la camicia hawaiana, sorridendo come un ebete, e poi di nascosto avvicinarsi al computer e sparare questi dischi facendo tremare i vetri e ululare i cani, mordendo chi osa toccarvi. È entrare in discoteca vestito di tutto punto e a un certo punto infilarsi la maschera di Paperino e spaccare tutto a suon di calci e testate. È appostarsi nel bagno delle donne e registrare la figlia snob dei vicini borghesi mentre ha un amplesso e poi, durante la cena di una serata di gala, cliccare Play con nonchalance.

Questa è la componente "Grind", quella che dopo pochi minuti ti penetra nelle vene e ti eccita all'inverosimile, ti rende una belva! Purtroppo, però, c'è anche la componente "Finale". E infatti, soprattutto durante i primi minuti, mi è venuta una stretta al cuore, pensando a quanto una band del genere poteva ancora dare e come un'onda del cazzo se la sia portata via. 

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