Monumentali. Che i Nasum fossero una punta di spicco rispetto all'intero panorama grind mondiale, oltre ad essere una delle band estreme più interessanti che si siano mai viste negli ultimi anni, credo sia fuori da ogni dubbio. Da loro sai sempre cosa devi aspettarti: un'equazione dove musica e violenza diventano la stessa cosa, dove le chitarra taglia come un coltello, la voce soffoca come un cappio e la batteria spara come una mitragliatrice. Puro odio incontrollato, pura furia sostenuta da un'abilità compositiva ed esecutiva senza eguali nel genere, che per un tipo di musica ostico come questo diventa quanto mai fondamentale.

Fiamme dell'inferno, letteralmente: quelle fiamme che bruciavano in "Helvete", che significa, ma guarda un po', "Inferno". E questo nuovo "Shift" non fa altro che confermare quanto già conoscevamo su questo gruppo immenso, quanto di meglio ci potevamo aspettare dai Nasum. Quando il gruppo attacca, morde alla gola senza concedere tregua, senza la benché minima pietà: ed è così che inizia il massacro, un violentissimo vortice sonoro dove l'ignaro ascoltatore viene scaraventato senza possibilità di uscirne intero: 24 canzoni concentrate in 38 minuti. Compresse come gli atomi di una bomba atomica, con una durata media di un minuto a canzone, che aspettano solo di entrare in un lettore CD per esplodere. Questo è il modo scelto dai Nasum per esprimere la loro vena artistica, attraverso composizioni che fanno del nichilismo sonoro più oltranzista la propria ragione d'essere, composte per essere sofferte più che ascoltate, per vivere attraverso l'odio distillato e la sofferenza (mentale e fisica) le emozioni che la musica riesce ad evocare. Ed è così che ci troviamo di fronte a composizioni come la meravigliosa "The Deepest Hole" che trascina con se l'ascoltatore, inietta emozioni a una velocità improponibile, fa emergere dal basso una sensibilità melodica che viene filtrata attraverso la più annichilente violenza esecutiva; o ancora possiamo trovarci di fronte a pezzi che comprimono il loro significato e la loro intensità in una manciata di secondi, come "No Paradise For The Damned" o "Fear Is Your Weapon", o ancora che fanno del riffing saldo ed energico la propria regola, come nei primi secondi della bellissima "The Smallest Man" o nelle soluzioni scelte per "Circle Of Defeat": riffoni pesanti come macigni, adottati da chissà quante death metal band ma mai suonati con tale accuratezza, brutalità ed intensità.


Se non elargisco un pur meritato 5/5 è solo perchè "Helvete" è inarrivabile e perchè, come è logico che sia, il disco in questione è adatto ad una fascia di pubblico troppo ristretta per poterne concepire le vere potenzialità. Ciò nonostante l'ascolto di "Shift" è un'esperienza che non solo ogni amante della musica estrema, bensì chiunque voglia scoprire in quanti modi si possano esprimere le sensazioni più forti e nascoste, dovrebbe provare almeno una volta nella vita.

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