Come cambiano le cose in un anno, lo si vede ad Arezzo per esempio, per chi arriva nella prima settimana di Luglio non c’è più l’accogliente striscione che titola “Arezzo Wave”, o meglio, lo striscione c’è sempre e la musica dal vivo pure, solo il nome è cambiato, diventando “Play Art Arezzo Festival”.
Il programma è veramente di qualità, mescolando alla musica anche l'arte, la letteratura e il teatro; insomma, di primo acchito, verrebbe da dire che lo scheletro è quello di Arezzo Wave, solo con le dimensioni limitate al centro cittadino.L’ondata di musica italiana di sabato 7 luglio costituiva la penultima tappa di un festival apertosi con Peter Gabriel il 5, proseguito con l'intermezzo comico di Paolo Rossi il 6 e destinato a chiudersi con la serata di domenica 8 in cui Lou Reed avrebbe riproposto il suo “Berlin”. Il cartellone di questa serata italiana prevede, in ordine di apparizione: New Story, Gleba, Verdena, Roy Paci e Aretuska e, a chiusura, il ritorno a casa di chi ha fatto successo partendo proprio dalla terra del Saracino: i Negrita.
Arrivati ad Arezzo, la fame comincia a farsi sentire, quindi, alle 19e30, mi ritrovo a scegliere tra la cena e lo spettacolo dei New Story; la scelta cade sulla prima opzione ma, una volta riempito lo stomaco, entro giusto in tempo in Piazza Grande per vedere concludersi l'esibizione dei Gleba: questo gruppo con un solo album all’attivo, riesce comunque a catturare l’attenzione dei presenti e le poche canzoni sentite fanno ben sperare. Lo spettacolo prosegue con i Verdena che ci accompagnano fino al calar della sera, proponendo essenzialmente i pezzi di “Requiem”, loro ultimo lavoro; su tutte spicca “Angie” suonata alla tastiera: bellissima ed emozionante, un momento da pelle d’oca. Purtroppo Alberto non riesce a sentire la sua voce, le sue continue smorfie in direzione dei tecnici non sembrano risolvere granché; così, dopo aver descritto la situazione senza tanti giri di parole dicendo: “Non sento un cazzo!”, arrivato all’ultimo pezzo e dopo quasi un’ora di esibizione, il cantante-chitarrista inizia a prendere a calci l'asta del microfono. Luca, il batterista, dal canto suo, scaraventa un piatto della batteria per terra, poi si alza e ne porta un altro verso la postazione dei tecnici sul palco. Così si chiude l’esibizione dei Verdena.
La sera è già calata nel suggestivo scenario di Piazza Grande quando entrano Roy Paci e gli Aretuska: aprono subito con un pezzo strumentale in cui Roy piazza un gran bell’assolo di tromba, peccato che il microfono sia lo stesso di Alberto dei Verdena e, dunque, non si senta quasi nulla; finalmente i tecnici capiscono e dopo un po’ è tutto sistemato. Nel frattempo sembra sia arrivata molta più gente, la piazza si scatena al ritmo delle canzoni del complesso siciliano, ed anche io, all’inizio reticente, a metà tra lo smaltimento del dopo Verdena e l’attesa dei Negrita, mi lascio trascinare in questo vortice “danzereccio”.
Alla fine il momento arriva: Franky, Pau, Mac e Drigo fanno il loro ingresso ed attaccano subito con “Mamamaé”. Il resto poi, è storia del gruppo: “Transalcolico”, “Negativo”, “Greta”, “Bambole”, “Cambio”, “Sex”, “Rotolando verso sud” (quest’ultima in duetto con Roy Paci che interpreta le parti di tromba) ci accompagnano verso “A modo mio” (pezzo di chiusura), facendo sentire la mancanza in scaletta di ballate come “Ho imparato a sognare” e “Hemingway”. Oltre a ciò, il gruppo regala anche qualche nuovo pezzo che comparirà nel prossimo album. C’è tutta l’energia live dei Negrita in questa calda serata di Luglio: sono loro che incitano la folla a scatenarsi. Il pubblico non si fa di certo pregare, ed è ripagato con un piccolo regalo a fine spettacolo: una versione di “Mamamaé” con chitarre più ruvide e una batteria che scandisce il ritmo in maniera veloce e incalzante.
Il Dj set notturno per le vie cittadine è già iniziato quando mi allontano dalla piazza e commento con gli amici il concerto appena visto: gran bella serata, una nota positiva va inoltre al prezzo del biglietto (10 euro)... peccato solo per quei problemi durante i Verdena.
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