"Venendo in America, la gente ci ha portato con sé. Siamo arrivati fin qui viaggiando nelle loro menti, e abbiamo messo radici. Ben presto la nostra gente ci ha abbandonato, ricordandosi di noi soltanto come creature del paese d'origine, creature che credevano di non aver portato nel nuovo mondo. I nostri fedeli sono morti o hanno smesso di credere in noi, e siamo rimasti soli, smarriti, spaventati e spodestati, a cavarcela con quel poco di fede o venerazione che riuscivamo a trovare. E a sopravvivere come meglio potevamo. Adesso in America stanno crescendo nuovi Dèi che crescono sopra nodi di fede: gli Dèi delle carte di credito e delle autostrade, di internet e del telefono, della radio e della televisione. Dèi fatti di plastica, di suonerie e di neon. Dèi pieni di orgoglio, creature grasse e sciocche. Tronfie perché si sentono nuove e importanti. Ci distruggeranno se glielo permetteremo. Per questo è tempo di agire"

C'è una tempesta, all'orizzonte.

La vedi perché la senti.

La senti in bocca, come sapore di acido per batterie che ti batte sotto la lingua.
La senti sulla nuca, nell'elettricità che ti irrigidisce le spalle.
La vedi nei tuoi sogni. Sogni di uccelli rapaci che portano folgori nel becco.

C'è una tempesta, all'orizzonte, ma tutto sommato non ti importa.
Perché ti chiami Shadow, hai trent'anni, sei appena uscito di prigione e tua moglie, l'unica donna che tu abbia mai amato, è morta in un incidente stradale mentre faceva un pompino al tuo migliore amico. E, si sa, un'ombra senza luce è soltanto buio.

Sei morto e ancora non lo sai. Anzi. Forse non hai mai vissuto.

E allora vale la pena accettare la proposta di un vecchio sconosciuto, orbo e ubriacone, che ama un po' troppo i giochi di prestigio e fottere il prossimo, e accompagnarlo in un viaggio a bordo di macchine vecchie e ammaccate, su autostrade che paiono la pelle di un serpente d'asfalto lungo da qui all'orizzonte.
Deserte. Interminabili. E tutte conducono alla tempesta.

Attraversi un Midwest fatto di inverni che possono uccidere un uomo e tavole calde che possono salvargli la vita, in un pellegrinaggio per i quattro angoli di un'America da cartolina: l'America dei bravi poliziotti, della gente semplice, delle ciambelle e dello sciroppo d'acero. Ma anche delle piccole tragedie quotidiane, degli assassini di bambini, della depressione e, soprattutto, della solitudine.

L'America degli Dèi.

Dei non antichi, ma semplicemente anziani.
Divinità slave dimenticate dai propri fedeli, che campano di espedienti, come nonni un po' rimbambiti trascurati dai nipoti, dividendo un appartamento che sa di "cavolo bollito, lettiera per gatti e sigarette straniere senza filtro". Fascinose dee della fertilità che fanno le puttane per elemosinare un po' di venerazione. Dèi egizi della morte, ridotti a fare i becchini per una piccola impresa di pompe funebri

Divinità da arruolare, da convincere. Da schierare come pedine in una guerra che dovrà decidere a quali Dèi l'America appartiene.

Visiterai giostre scassate che celano altari e porte dimensionali.
Case degli orrori che sono templi senza nemmeno saperlo.
Vecchie capanne in cima alla collina, in cui si decide la vita degli uomini.
Sacro e profano. L'eterno e l'effimero. Rituali ancestrali e gesti quotidiani mescolati al punto da essere ormai indistinguibili.

Morirai.
E forse, allora, comincerai davvero a sentirti vivo.
Capirai che l'Apocalisse è poco più di un gioco di prestigio. Come far sparire una moneta.
Un trucco con cui ingannare il pubblico inconsapevole.

E non ci sarà più alcuna tempesta, all'orizzonte.

Perché, a quel punto, tu, sarai la tempesta.


"Gli Dei muoiono. E quando muoiono davvero, nessuno li piange o li ricorda. È più difficile uccidere le idee, ma prima o poi si uccidono anche quelle"

 

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