Neil Young & Crazy Horse
Re-actor
Per la patinata critica ufficiale, “Re-actor” è uno dei meno riusciti lavori del fortunato sodalizio tra Neil Young e la sua più celebre backing band, nonché una delle tappe del calvario del Canadese negli anni 80. Un ascolto attento mette tuttavia in evidenza che, nonostante lo smalto del disco sia al di sotto di quello presente in capolavori quali “Zuma” o “Rust Never Sleeps”, il lavoro fatto dai Crazy Horse è di ottima fattura. Sampedro e soci spalleggiano egregiamente un Young nevrotico e instabile come raramente gli è capitato nella sua pur turbolenta carriera. I noti problemi familiari (la nascita di un secondo figlio cerebroleso e il tumore che colpì la moglie) lo portano a concepire un disco come valvola di sfogo, e ciò si riverbera sul sound: smargiasso, acido, una sorta di “punk pesante”. L’ascolto di “Re-actor” è perciò davvero intrigante, dato che mai i Crazy Horse hanno suonato così urticanti. Solo gli Stray Gators seppero fare altrettanto, accompagnando Young nel favoloso, per quanto sottostimato, “Time Fades Away”. Specialmente la sezione ritmica fende il consueto barrage chitarristico, ritagliandosi un ruolo di primo piano, grazie in particolare alle pulsanti linee di basso di Billy Talbot.
Alcuni momenti valgono oro: “Surfer Joe and Moe The Sleaze” è il classico assalto elettrico al fulmicotone, deragliato però verso lidi quasi quicksilveriani. “Shots” è poi un capolavoro assoluto: una “Like a Hurricane” ben più riuscita, forgiata con un’urgenza poetica e musicale inquietante e impreziosita da un Young strepitoso alla chitarra solista. Ottima è anche “Southern Pacific”, che propina una versione ben più velenosa del consueto canovaccio country-rock. Ma Young dimostra anche attenzione verso i nuovi sviluppi musicali dell’epoca: in “Rapid Transit” il Cavallo pazzo corre verso inusitate praterie new wave, lanciando il muro del suono chitarristico verso empirei funk alla Talking Heads.
Il minimalismo di certi testi – celebre quello di “T- Bone” – è un’altra tappa nel cammino di Neil verso la consapevole distruzione del proprio mito. Tuttavia ciò un po’ inficia il valore dell’album, data la storica importanza delle liriche nell’economia degli album younghiani. Assieme a una manciata di episodi meno riusciti, ecco spiegate le 4 stellette che affibbiamo a “Re-actor”: opera altresì imprescindibile per la comprensione di un’artista ineguagliabile nel rischiare, nel portare il proprio discorso artistico alle estreme conseguenze con una lucidità che lascia tuttora sgomenti.
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