E’ il 2006. In ambito pop la novità è Timbaland, produttore stra abusato che farcisce qualsiasi cosa gli capiti a tiro col solito stile consolidato; percussioni tambureggianti, aria da night club sudaticcio affollato e coretti “eeh” “ooh” ad ornare il tutto.

Riconsiderando la cosa dieci anni dopo, fu una moda inspiegabile. E proprio quell’anno, il suddetto Timbaland incrocia la strada dell’allora lanciata Nelly Furtado: esplosa con il primo album “Whoa, Nelly!” (buona fu l’idea di mostrare un immagine sobria e solare e contaminare il proprio pop con la world ed il folk, mentre tutte le altre “colleghe” iniziavano a capire che il binomio sesso/pop elettronico vendeva, eccome), con un improvvisa inversione ad U la bella Nelly si trasformò proprio in quello che fino ad allora non era stata. Inutile dirlo, fu un successone, suggellato dal super singolo “Say It Right” (imbarazzante pastiche che elevava al cubo la produzione timbalandiana).

Da lì, per la nostra ebbe inizio un periodo di enorme calo (un improbabile disco in spagnolo, lei di origine portoghese, e un altro in lingua inglese bruttino, ormai arrivato fuori tempo massimo ed inevitabilmente pressoché ignorato).

Arriviamo a quest’anno, quando la cantautrice decide di dare una svolta decisa: via dal mondo delle major, fonda una propria etichetta e si rende conto che è il momento di fare tabula rasa e ripartire da zero. E, incredibilmente, ne esce uno dei dischi sorpresa dell’anno; “The Ride” è un signor album, e non solo in ambito pop.

Certo, restano delle reminescenze del “discutibile” passato (“Palaces”, “Right Road”), ma forse più per il troppo calcar la mano del (bravissimo) produttore John Congleton. Per il resto, siamo davanti ad un lavoro coeso, ispirato, guidato da una buona scrittura e da un’ottima vena interpretativa della Furtado.

Disco che a momenti fa addirittura sobbalzare sulla sedia, come nel caso dei singoli promozionali “Pipe Dreams”, ballatona alla Frank Ocean, e la pulsante “Flatline”, alt pop che non sfigurerebbe affatto in un disco degli Arcade Fire. Splendide cose anche da “Paris Sun”, arricchita da un arrangiamento perfetto, e “Live”, forse unico pezzo a richiamare le origini pseudo folk della Furtado, ma con una nuova consapevolezza in fase di scrittura ed arrangiamento. Per non parlare dell’eterea chiusura di “Phoenix”, trionfo della produzione di Congleton.

“The Ride”, in definitiva, non è il capriccio di una popstar fallita, ma una ripartenza verso lidi artisticamente più validi. Da ascoltare, per rendersi conto che il pop può offrire ancora buone cose anche da parte di (ex) nomi altisonanti come Nelly Furtado.

Miglior brano: Paris Sun

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