Il "concerto grosso" è una forma musicale barocca sei-settecentesca nella quale un gruppo di solisti si alterna all'orchestra sinfonica in un continuo "botta e risposta". L'idea di concepire un concerto grosso nel quale ai solisti fosse sostituito un gruppo, venne nel 1971 a Luis Enrique Bacalov che molti anni dopo avrebbe vinto un Oscar per la colonna sonora del "Il postino". Evidentemente Bacalov aveva colto la tensione del mondo rock verso partiture più complesse rispetto a quelle delle canzoni che avevano avuto successo negli anni '60: forse guardando agli esperimenti dei Nice, di Emerson Lake & Palmer, magari dei Procol Harum, aveva avuto l'intuizione di sposare rock e musica classica. Un connubio, va detto, tentato molte volte in Italia e soprattutto all'estero, quasi mai con esiti veramente felici. In ogni caso l'idea alla casa discografica (era la Fonit Cetra) piacque: Bacalov era un giovane musicista di estrazione classica e forse per questo gli fu dato credito. Solo in una cosa dovette mutare il progetto iniziale: come gruppo rock avrebbe voluto i Rokes, ma il produttore Sergio Bardotti lo convinse che per quanto aveva in testa il gruppo ideale erano i New Trolls. Loro, pur giovanissimi (all'epoca avevano quasi tutti meno di vent'anni), godevano di una grande stima presso la critica per alcune scelte abbastanza coraggiose e intelligenti (prima tra tutte quella di affidare molti dei propri testi alla penna del giovane concittadino Fabrizio De Andrè) e di un discreto successo presso il pubblico grazie ad un pugno di singoli azzeccati ("Davanti agli occhi miei", "Sensazioni", "Visioni"…). Insomma, avevano credibilità artistica per un progetto così impegnativo, ma anche grande riconoscibilità presso il pubblico, due doti che, assieme, mancavano a quasi tutti gli altri gruppi dell'epoca.

Insomma alla fine Bacalov e i New Trolls si misero al lavoro (e per il gruppo genovese non fu facile, dapprima, accettare il ruolo di semplici esecutori, quando fino ad allora avevano suonato solo materiale scritto da loro, ma ce la fecero finendo per mettere molto di loro negli spartiti di Bacalov) e il risultato fu eclatante. Un milione di copie vendute e l'ingresso di prepotenza nella storia della musica italiana, come episodio in sintonia con le ultime tendenze del rock progressivo di allora eppure in qualche modo a sé stante e irripetibile (e ben se ne sarebbero accorti gli stessi Trolls, anni dopo, cercando dare un seguito a questo lavoro). E tutto ciò a fronte di soli undici (11!) minuti di musica. Sì perché il concerto grosso vero e proprio dura appena undici minuti e tutto il disco "completato" con altri brani non ne raggiunge 40. Però quegli undici minuti rivelano veramente il tocco semplice e perfetto del genio. Il Concerto inizia subito forte con una serratissima alternanza tra orchestra e band in cui spiccano la chitarra di Di Palo e il flauto di De Scalzi: sembra impossibile che un tema rock e un'aria tipicamente settecentesca possano trovare un comune terreno di incontro, eppure accade. Così come accade nel secondo tempo, un adagio di nobilissimo impianto in cui fanno il loro ingresso anche le voci inconfondibili del gruppo. Ancora le chitarre di Di Palo e De Scalzi dialogano con i violini senza alcuna forzatura, in modo stupefacentemente naturale. Infine il terzo tempo: un andante aperto da una splendida cadenza di violino che sfocia in una melodia di grandissima bellezza sulla quale si innesta la chitarra elettrica mentre il violino solista continua a ricamare arabeschi. Un piccolo grande capolavoro e la degna conclusione di undici minuti di magia.

Poi c'è il resto del disco: l'originale prima facciata del vinile si chiudeva con la ripresa per solo gruppo dell'adagio del concerto, con uno stile hendrixiano che voleva omaggiare il grande chitarrista appena scomparso, mentre la seconda facciata consisteva in una lunga improvvisazione della band registrata in diretta, costituita da temi ripresi dalle improvvisazioni che i New Trolls eseguivano abitualmente dal vivo e da quella "Il sole nascerà" già apparsa come retro di "Una miniera". Insomma, pur di buonissima qualità, "solo" eccellenti riempitivi necessari a confezionare un album nel quale includere quegli undici minuti magici e consegnarli alla storia e al ricordo.

Carico i commenti... con calma