Secco è il mio migliore amico anche se forse non gliel’ho detto mai. Parla poco, ma quando lo fa mi fa scompisciare dal ridere con il suo sarcasmo nero e tagliente. È un collezionista perennemente insoddisfatto, malato delle prime edizioni o di quelle fuori catalogo. Di alcuni album essenziali ha qualcosa come 4 copie. Due sigillate, che non si sa mai; una per l’ascolto a casa e una "da battaglia" per l’ascolto in macchina. Sì, in macchina, perché si è fatto installare il porta cd. Fossi un venditore lo odierei perché è un cagacazzo incredibile, di quelli che guardano i particolari a me invisibili. Quando andiamo alle fiere sta lì tre ore a rigirare i vinili o i CD. Fa quattro giri degli stand senza comprare nulla. Scannerizza silente e poi torna lì dove ci era stato all'inizio. Sembra un cane che cerca un posto dove pisciare. Sta per alzare la gamba e invece no… va ad annusare un altro malcapitato rivenditore.
Mi ha fatto conoscere una marea di gruppi con i suoi consigli e siamo andati a vedere insieme almeno una cinquantina di concerti fuori città. Per il suo compleanno gli ho regalato la prima edizione rigorosamente “near mint” del capolavoro di Doris Duke ed un libro di Bunker. Gli brillano gli occhi perché incredibilmente il disco gli mancava. Del libro non credo gliene fregasse molto. E così a febbraio, quando ne ho compiuti 43, mi ha regalato la prima edizione di “Tender Prey” di Nick Cave e “L’asino che vede l’angelo”.
Ho letto questo libro con il vinile in sottofondo e quello tra prosa e musica è un connubio perfetto di atmosfere gotiche, sporche ed allucinogene in bilico perenne tra realtà e incubo.
Balle! Avrei voluto leggerlo a casa con lo stereo che vomita a tutto volume “Mercy”, “Up Jump The Devil”, “Watching Alice”, “Mercy Seat” e “Sugar Sugar Sugar”. La verità è che ho avuto tre giorni di relax per leggerlo solo adesso in spiaggia, sotto un sole cocente e abbagliante; insomma nel posto meno adatto con gli occhi doloranti. Ed è da qui che scrivo perciò non rompete il cazzo se ci sarà qualche errore di ortografia. Vorrei vedere voi con questa luce, la sabbia ed il sale.
Siamo introdotti nel libro con una prosa a tratti poetica che descrive il lento volo circolare di tre corvi, cattivo presagio, sopra una palude in una sperduta cittadina del sud degli Stati Uniti negli anni ‘30. Ci addentriamo guardinghi nelle prime pagine e sembra di essere trasportati direttamente nell’Antico Testamento. Il protagonista è nero. Non per il colore della pelle ma perché Euchrid, questo il suo nome, è frutto di un amore marcio e violento di una pazza alcolizzata ed un padre sadico che ha il sangue malato ereditato da una famiglia di assassini cacciati dalle montagne con i forconi. Ma' passa il tempo a bestemmiare e bere, Pa' a fare castelli di carte e costruire trappole diaboliche: va a catturare animali vivi di ogni sorta nella palude per poi farli massacrare in una vecchia cisterna. Sta lì sopra "l'arena" e gode mentre assiste al loro strisciante e vibrante massacro per la vita. Il ragazzo riesce a sopravvivere in questo idilliaco contesto solo perché è muto. Come il mulo, che sorbisce le sfuriate del padre, osserva in silenzio, sopporta le angherie della gente e cresce quasi come fosse invisibile. Osserva tutta la valle e gode saricamente delle disgrazie altrui. Si innamora di una puttana ma è un Re Mida al contrario: ogni cosa che tocca si trasforma in merda e muore. Male.
È un Dio brutale quello che riversa una pioggia lunga tre anni sul grasso e ricco popolo reo forse di superbia per il fiorente mercato delle canne di zucchero. E allora pioggia sia! Dopo fiumi di acqua nera l’economia è al collasso, la fede della setta quasi perduta. In questa acqua riparatrice il protagonista trova sollievo perché non si deve più nascondere.
Poi arriva lei. Bianca. No, non è il suo nome ma il colore che contraddistingue la sua purezza. La dolce e perfetta Beth con il suo arrivo fa smettere il diluvio e placa l'ira divina. Il delirio del protagonista aumenta con la morte violenta dei genitori e l'attrazione magnetica verso Beth che viene ben presto santificata da tutta la comunità. Dio gli appare e gli manda in sogno il suo disegno: vuole che Euchrid sia la sua Spada e lo fa cadere in un groviglio di allucinazioni sempre più distorte e apparentemente senza senso. Nick Cave ci sbatte a destra e a manca e con una prosa malata, drogata, ubriaca, totalmente angosciante ci porta al finale drammatico che riprende la scena iniziale per chiudere il cerchio. Una lunghissima ballata nella quale è bello perdersi per una lettura non facile ma appagante e diversa dal solito.
Niente da dire Secco mi hai fornito un’altra perla e l’ennesima scusa per scriverne qui, nel mio posto preferito.
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