Questa DeRece pretende una introduzione personale: era un pomeriggio di pochi anni fa. Una giornata speciale. Quella sera avrei assistito ad un concerto - a dire la verità non ricordo di chi. Molto probabilmente era Glenn Hughes, se sono riuscito nei miei ricordi a focalizzare bene il periodo -, e quindi, armato di macchina fotografica e copertine degli album da fare autografare al Nostro, prendo il treno dalla stazione del mio ridente paesello e parto alla volta del concerto. Prendo posto, tiro fuori dallo zaino un libro sulla storia del Rock - volete mettere ammazzare il tempo con qualcosa di interessante, invece che con le solite chiacchiere di cortesia con il vicino di posto? -, e comincio a leggerlo serenamente.

Quel libro sfogliato e letto decine di volte prima di quella occasione. Mi isolo. Pagine su pagine riesco a calarmi nella elettrizzante atmosfera da concerto, la quale cominciava a prendere prepotentemente corpo. Mentre ero assorto nei miei pensieri, le voci di due donne sedute poche file dietro di me, piombano nelle mie orecchie. Sicuramente i loro discorsi andavano avanti da un pò, ma ero rimasto vittima propio di quella parte del loro discorso: "... ah non me ne parlare guarda. Io non posso sentire parlare di calcio", l'altra: "A chi lo dici...", la prima: "No ma... Per fortuna mio figlio e mio marito non lo seguono, sennò sai che strazio...".

Ecco, in quel momento avrei voluto avere al mio fianco Nick Hornby - meglio ancora la sua proiezione cinematografica, Paul Ashworth -, e magari con "My Brain is Hanging Upside Down" dei Ramones a suggellare la scena, avrebbe inveito contro le due malcapitate ormai inorridite da cotanta brutalità nel tentativo di spiegare quanto di passionale e di sincero condiziona la vita di un tifoso di calcio. Nick Hornby è il famoso scrittore di questo romanzo, ma anche di altri successi editoriali successivamente portati sul grande schermo, come "Alta Fedeltà" ad esempio.

Hornby, attraverso questo libro, il quale alla fine lascia un senso di un entusiasmante viaggio autopsicanalitico mediante la follia del calcio, riesce a trovare il codice d'accesso grazie al quale si riesce ad entrare nella psiche del tifoso; non solo nella parte dedicata completamente al calcio, ma anche nella parte dedicata alla vita fuori dal calcio, la quale, inevitabilmente, ne risentirà anche nelle scelte di tutti i giorni e nei rapporti interpersonali. Grazie al suo sagace modo di ricordare e raccontare, riescere a rendere scanzonata e ironica questa sua forte passione per l'Arsenal e per il calcio in generale. La sua è la vita di ognuno di noi. Noi siamo Nick e Nick è tutti noi, sempre a lamentarci del gioco, - o meglio del non-gioco -, dei moduli sbagliati in base alle caratteristiche dell'avversario, della campagna acquisti sbagliata, del terzino entrato al '75 al posto di un attaccante quando stai sotto di due reti.

Non è un profeta: è solo uno che sa raccontare la vita di chi ama il calcio, fatta di riti collettivi e pensieri solitari, di clichè veritieri e illusioni importanti quanto le cose reali. Nato nel 1957 ci porta nella sua vita che va dal '68 e al '91, con annessi cambiamenti umani legati a doppio filo con quelli calcistici. Del resto la filosofia di Hornby è che l'anno non finisce il 31 dicembre, ma quando finisce la stagione (...) La sua passione nasce in concomitanza con dei grandi cambiamenti personali, primo fra tutti il divorzio dei genitori. I primi tempi, il calcio è stato propio il collante tra Hornby e suo padre; il quale lo portava ad Highbury in occasione delle partite casalinghe dei Gunners. Sono nei momenti come questo che l'autore riesce con naturalezza a cogliere la palla al balzo facendo viaggiare in contemporanea il suo lato umano e il suo lato sportivo; il tutto raccontato con un apparente distacco - "apparente" propio perchè si percepisce che trattasi di una corazza, parte integrante del suo carattere e del suo modo di vedere le cose. Propio perchè non vuole smielare inutilmente il tutto - e cinismo, vero punto di forza che rende il racconto adorabile, tenero e divertente.

Il calcio c'entra e non c'entra, ed è questo che rende grande il libro, consigliato anche a chi non segue questo sport. Questo romanzo non lascia clamori, ma solo la normalità. Non c'è enfasi, non c'è nulla di smodato. Resta l'avvincente vita di un normale tifoso in cui riconoscersi. Magari chi ritiene inutile e superflua questa pratica, riuscirebbe in modo leggero a comprendere cosa gira nella testa di un tifoso e come ne condiziona, nel bene e nel male, la vita. Perchè alle 20:45 di un martedì o di un mercoledì, si è in tanti in un pub di Londra, in una birreria di Monaco, nel bettola di Massimo... Tutti a fare discorsi da bar, perchè sono belli i discorsi da bar (...) Vallo a spiegare a quelle due donne del treno... Shit!

Casciavit

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