Dopo aver visto questo film ho pensato subito a un'adeguata rappresentazione visiva di un album di Gesaffelstein, Aleph, che ho recensito proprio da queste parti e che descrivevo come una fashion techno pervertita. Potrei aver spiegato la trama di The Neon Demon. Non a caso troviamo una scena dove la colonna sonora (clamorosa) scimmiotta abbastanza palesemente il producer francese, gesto perdonabilissimo, poiché puntualizzavo non a caso come Alpeh urlasse il suo bisogno di un'espressione visiva. Ed eccola qui. Forse a Refn quel disco è piaciuto, il risultato è un'orgia glitterosa sconcertante? Sì ma fino a un certo punto. The Neon Demon non partecipa al coinvolgimento emotivo-sensoriale, si esprime ma non è complice, proprio come fredda vetrina suggerisce (in fin dei conti), non mostra, scene audaci, repellenti e perverse in filosofia vettoriale, togliendo tutti gli elementi di morbosità. In un altro contesto ci saremmo trovati di fronte a un horror splatter, ma è veramente difficile catalogare il film in questo genere, perché il regista esclude anche le coordinate più convenzionali, recuperando sì mostri sacri come il Suspiria di Argento (ma le citazioni sono infinite) nella divisione cromatica e luce artificale, ma negando del tutto lo sviluppo da thriller, se si esclude la chiusura ultra simbolica. Quindi i casi son due: o non siamo di fronte a un horror, o l'horror per come lo conosciamo è superato e serve qualcosa di nuovo.

Il film racconta il contrasto inconciliabile tra la bellezza divina e l'umano pagano, l'ideale di universi patinati, fanciulle angeliche e voli pindarici dirotta verso un delirio techno mistico, electro soprannaturale, digital bestiale... la pulsione organica esplode scoprendo anche la pentola dell'esoterismo, ma è tutto moderno, si esprime con luci e linee 303 rallentate. Tutto per colpa del monolite fashion neon triangolare, francamente ricorda la triforza di The Legend of Zelda (Nintendo lo saprà?), che da celeste innocenza diventa rosso sangue e rappresenta il passaggio della pellicola alla seconda parte. La scena è molto meno ermetica di quanto voglia sembrare, ma la prova di Elle Fanning provoca profondi turbamenti e ne incrementa la forza: non è l'abbandono totale all'edonismo, non è neanche l'utilizzo del trucco nella sua capacità di influenzare un volto, lei diventa proprio un'altra persona, un lavoro veramente pazzesco sulle espressioni facciali. L'annullamento di un'identità è ciò che ci terrorizza maggiormente, perché unico vero appiglio in un mondo parallattico avviato alla distruzione. Identità che nell'universo deviato e deviante della moda non ha nessuno, lei è infatti circondata da zombie clitoridei e una lady Bathory super up to date, tutti pronti a tutto pur di assimilare quell'anima per assorbirne la forza. Rapporti sessuali con la propria figura riflessa a uno specchio e synth sparati nelle orecchie. Nel mezzo personaggi maschili totalmente intercambiabili. Finirà molto male. Il finale, tragico, apocalittico, ma stiloso, è tutto aperto all'interpretazione, quello che vedo io è un asettico editto dell'arte moderna: non c'è più nulla da inventare, possiamo solo fagocitare il meglio del passato e costruire un nuovo presente, parziale, tenera soddisfazione giocando coi cadaveri. Il futuro è aleatorio.

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Altre recensioni

Di  L0LL0

 Dopo l'inizio folgorante Refn ha deciso di lasciare che sia l'estetica a fare del suo cinema Arte.

 The Neon Demon è un'opera d'arte. Ma non "video-art" o cose così. Un'opera d'arte.


Di  Stanlio

 Questo film avrebbe incontrato il favore di David Foster Wallace, per il suo intenso gioco di specchi sulla bellezza e la televisione.

 La metafora dei due felini sintetizza bene il conflitto tra bene e male che vivono dentro di noi e che emergono inaspettatamente.