Jay Kelly esplora un territorio ormai familiare: quello della crisi della mezza età avanzata. Il protagonista, una superstar hollywoodiana il cui nome stesso suona già obsoleto - dato che evoca figure come Jay Gatsby o Gene Kelly - partecipa al funerale del regista che ne ha lanciato la carriera, sei mesi dopo aver rifiutato di aiutarlo nel suo ultimo progetto. La cerimonia si trasforma rapidamente in una sfilata carica di risentimento: padri assenti, amici traditi, famiglie ferite. Scosso, ma curiosamente passivo, Jay reagisce intraprendendo un lussuoso viaggio di “riscoperta”, completo di entourage e jet privato.
Dopo questo avvio banale, il film procede macinando ulteriori banalità. Nell’entourage, il manager di Jay, Ron (un Adam Sandler insolitamente contenuto), abbandona con sollievo la propria famiglia soffocante per seguire il capo. Solo in un secondo momento l’entourage comincia ad assottigliarsi, con i membri che si allontanano uno dopo l’altro in un artificioso tentativo di illustrare l’ormai logora idea della “solitudine al vertice”. Inevitabilmente, ma poco credibilmente, anche Ron accarezza l’idea di mollare.
Il film vorrebbe essere “relatable” per un pubblico di mezza età … come se la maggior parte del pubblico fosse composta da star miliardarie con jet privati, eserciti di fan e abbastanza fondi per trasformare i rimpianti in malinconia decorativa. La mancanza di immedesimazione, tuttavia, non sarebbe un problema se la trama fosse solida. Non lo è. Grazie ad alcuni flashback tecnicamente interessanti, Baumbach mostra con efficacia come Jay sia vacuo ed egocentrico, ma non offre niente di nuovo su una situazione che il cinema ha esplorato molte volte, spesso con maggiore onestà.
Il film sembra meno un’indagine sul costo del successo che una meditazione personale di Baumbach sulla vita di una star (la sua?), in cima alla catena hollywoodiana - condiscendente verso la realtà vissuta dai molti e del tutto ignara del fatto che la solitudine in fondo alla scala sociale sia altrettanto diffusa, e infinitamente più difficile da sopportare.
Sul piano visivo, la scelta di rappresentare il giovane Jay come una sorta di idolo da matinée degli anni Quaranta - più Gary Cooper che star di film d’azione - aggiunge ulteriore confusione, così come il rifiuto del film di interrogarsi più in profondità sui compromessi tra ricchezza e potere. La maggior parte delle persone deve fare scelte difficili; pochissime finiscono con ville di design e aerei privati. Jay, quantomeno, qualcosa dai suoi compromessi l’ha ottenuta.
Pur essendo realizzato con cura, il film è niente di più che l’ennesima collezione baumbachiana di personaggi privilegiati e blandamente irritanti che si parlano addosso in un caos calcolato - una storia che evapora rapidamente, senza lasciare traccia.
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Presentato al festival del cinema di Venezia il 28 agosto 2025, uscito in sala negli USA il 14 novembre, attualmente su Netflix.
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