"Moglie e marito giocarono con un filo rosso, il filo dell'amore.
Cominciarono ad attorcigliarlo intorno alle loro dita, intorno alle mani, ai piedi
E quando il loro corpo era cosparso da filo rosso scoprirono che era troppo tardi
E che il loro destino era legato dal continuo altalenare di vita e di morte".


S I L E N Z I O.

1999: Una spirale nacque nel cinema Thai. 

Chi è Nonzee Nimbutr

Se vi ponessi questa domanda voi ne rimarreste basiti,con un'espressione degna del mio nickname. Eppure Nimbutr è uno dei più eleganti e ambiziosi registi thai del cinema contemporaneo, affascinato dai folklore della sua gente e dall'eleganza di suono e immagini, seppe sperimentare sia con il poliziesco alla Tarantino (il debutto del 1997) e il melodramma erotico (Jan Dara), passando per quello che pare il suo genere preferito: l'horror.

Di questo controverso genere fa parte il terribile, inguardabile "The Wheel", vera e propria agonia visiva che distrugge la bellezza di due episodi immaginifici nel trittico "Three" (film horror che riunisce tre mediometraggi ad opera di tre nazionalità diverse, in questo caso Corea, Thailandia e Hong Kong), dove l'arte dell'epsiodio "Memories" e la coerenza poetica del gioiello "Going Home" risollevano il lotto. Ma la bruttezza di quella pagliacciata di bambolotti, di marionette, di palme e di tocchi esotici è difficile da dimenticare. E, purtroppo "The Wheel" è stato proprio il primo passo che feci avvicinandomi a questo regista poliedrico e, a suo modo, affascinante. Iniziai a guardare "Nang Nak" con riluttanza, pur considerando quanto fosse stato elogiato dai più e quanto fosse importante culturalmente, mettendo in scena una tragedia/leggenda tramandata di generazione e in generazione e di quanto abbia influenzato il successivo horror thai.
Un po' come "L'Esorcista" influenzò praticamente tutto l'armamentario horror americano, e non solo.

Ma ritorniamo a "Nang Nak".
Mi ero avvicinato all'opera in questione quasi sornione, addormentato su me stesso, già pronto all'inevocabile masochismo. Eppure già le prime immagini mi catturano e davanti a me si apre un magnifico ventaglio di sensazioni, emozioni.
Ben presto me ne rendo conto: "Nang Nak" è un gioiello. La stupidità di "The Wheel" è, qui, inesistente: al contrario del pessimo frammento, Nimbutr sa giocare con horror, melodramma e cinema d'autore senza cadere nei clichè, nello spavento improvviso, nella stupidità di una leggenda urbana/superstizione senza senso.

"Nang Nak" è talmente libero dai clichè, dalle regole non scritte dell'horror e del cinema in generale da essere assolutamente prezioso. Un film che, praticamente rinuncia a qualsiasi forma di dialogo, denudandoli sino all'essenziale (molti dialoghi sono composti semplicemente dai nomi dei protagonisti, gridati, come per rendersi conto di esistere, di vivere e di poter, dunque, amare), carambolando l'uso del silenzio con maestria, come un suono pungente, oscuro, inquietante. Il silenzio che si denuda sotto leggeri, leggerissimi ritmi naturali e sotto una soffice colonna sonora esotica che accarezza l'anima.

Sotto questo uso magnifico dei suoni e sotto una bellissima fotografia, che alterna luci e colori in base alle ombre della foresta in cui sono abbracciati i protagonisti, si erge la trama del film: una leggenda popolare famosissima in Thailandia, che narra di una coppia felice del diciannovesimo secolo. Si chiamano Mak e Nak. Lui è un marito premuroso, obbligato a partire per la guerra. Lei, la mogliettina fedele e incinta. Proprio nel momento più delicato della gravidanza della moglie, l'uomo deve abbandonarla per prendere le armi. E la ragazza muore di parto, mentre l'uomo ferito mortalmente, rischia la vita.

Grazie all'aiuto di un medico professionista, il combattente riesce a guarire e a tornare felice dalla mogliettina che lo saluta a baci e abbracci. Direte... ma non era morta? Ebbene sì, ma lui non se ne accorge. Non sa che lei si tratta di un fantasma, così come lei non sa che lui è in realtà morto in guerra e che non sia affatto guarito. Marito, moglie e figlioletto sono dunque affetti dal morbo della morte, che si estende agli abitanti del luogo sotto forma di colera. Un giorno Um, il migliore amico di Mak, lo avverte sul segreto della donna e lui, non credendogli, lo uccide. Lo stesso fa Nak, decisa a far fuori tutti coloro che osano disturbare la loro quiete familiare.

E alla fine ciò che volevanoi due amanti non era di porre zizzania tra i vivi, ma sopravvivere da morti dalle minacce dei vivi in una sorta di Eden onirico. 

L'arte di cambiare: Horror, Dramma, Erotico

Nimbutr miscela splendidamente e con maestria la storia d'amore con l'orrore puro, utilizzando anche sequenze di memorabile intensità (Nak seppellita sotto terra, si siede, risalendo a terra e, con le gambe ancora interrate, allunga la mano al suo amato promettendogli eterno amore) senza mai cadere nel banalismo hollywoodiano e in facili sentimenti. Il continuo approdare da efferati ed efficaci schizzi gore, altalendando il fascino di scene d'amore mai così vere e sensibili. "Nang Nak" è un'emozione, un dolore. L'amore puro in una foresta del diciannovesimo secolo di rara bellezza e crudezza. Successo megagalattico in patria, sconosciuto da noi, forse anche per il difficile approccio della pellicola. I continui silenzi angoscianti, le inquadrature fisse e fluide e il fascino del folklore, elementi poco amati da molta gente occidentale. Per coloro che amano il cinema questa pellicola resta imprescindibile: un caleidoscopio di cellulosa.

Con un insulso remake, sempre thailandese, dal titolo "Il Fantasma Di Mae Nak", con la stessa storia ambientata ai giorni nostri. 

Carico i commenti... con calma