Una battaglia estenuante, epocale, uno scontro all’ultima palla e all’ultima stilla di energia fisica e mentale a disposizione: una insistita gragnuola di traiettorie balistiche spettacolari provenienti dall’una come dall’altra parte, sotto forma di precisissimi diritti, avvincenti rovesci, roventi passanti, fulminanti aces, improbabili palle corte, inattesi lobs e chi più ne ha né tiri: una efficacia e precisione che a tratti hanno attribuito sembianze disumane (robotiche?) ai due protagonisti in campo, capaci di far letteralmente spellare le mani agli increduli spettatori seduti nelle gremite platee come quelle dei meno fortunati avvinghiati al telecomando (utilizzato a mò di racchetta sulla testa di chiunque s’azzardasse a voler cambiare canale..) di fronte ai monitors dei propri scalcagn(i)ati apparati televisivi.

A disputarsi la infinita semifinale (quattro ore di giuoco per tre set complessivi), su arcigna terra rossa, del torneo Masters 1000 della capitale Madrilena sono stati due autentici gladiatori della racchetta ovale dei nostri giorni: l’ispanico (di Maiorca, per la precisone) Rafael Nadal, da un anno al vertice assoluto della classifica ATP, e il giovane serbo Novak Djokovic: attuale  n° 4 delle classifiche mondiali.

Un incontro che definire avvincente e spettacolare risulta francamente argomentare per difetto: aldilà di ogni più rosea previsione anche per gli appassionati ben coscienti delle qualità di entrambi. Dopo una sorprendente (ma mica tanto) prima frazione a netto favore del serbo (ha incamerato il primo set con un secco 6 - 3) l’incontro sì è sviluppato su labilissimi equilibri nella quale entrambi hanno estrapolato dai propri rispettivi cilindri davvero il meglio (sia dal punto di vista qualitativo che quantitativo) delle proprie ampiamente note caratteristiche: tenacia, forza fisica, tenuta mentale e naturalmente una gran qualità nel saper portare i propri colpi laddove l'avversario non può e non deve saper arrivare.

Nadal, davvero un autentico assatanato, nonostante l’insistenza (e ribadisco, la qualità) dei colpi dell’avversario, grazie a una continuità e solidità impressionanti ha dapprima faticosamente fatto Suo, tramite un sontuoso tie-break, il secondo set [7 - 6] e poi, giocando davvero alla morte con un Djokovic in stato di assoluta grazia ma ancora - evidentemente - un pelino al di sotto dell'indiavolato Rafa, è riuscito a scippare per un nonnulla il terzo set e la vittoria finale grazie a un emozionante quanto infinito tie-break (10 a 8) accedendo di diritto alla finale del giorno successivo poi clamorosamente persa (con un doppio 4-6) contro lo storico e ringalluzzito rivale Roger Federer (attuale n° 2 del mondo).

Una partita da lasciare quale spettacoloso esempio ai posteri oltre che a memoria, naturalmente, sia di tutti gli appassionati che in modo ancor più congruo agli scettici della liftata palla gialla.

E magari anche ai vieppiù piagnoni tennisti Italiani.

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