Mercoledì 23 settembre ore 20:30, rieccoci nuovamente davanti all'ingresso del Teatro Alfieri, più vecchi di un giorno, un tantino preoccupati per quello che ci aspetta (il timore, in effetti, che il sonno, fra le spire confortevoli di una poltroncina e la luce soffusa del teatro, ci assalga e vinca sulle nostre labili coscienze è forte).
Molti i volti visti il giorno prima in occasione della performance dei Current 93, più vecchi di un anno ci appaiono, anche se nel complesso mi pare che ci sia meno gente: azzerati i gonfi degli anni settanta, stabili i darkettini, in crescita la categoria dei personaggi bislacchi semi-intellettualoidi di età avanzata.
Stapleton presenzia ancora al suo stand, cercando di raggranellare più moneta possibile (e farà affari d'oro, data la difficile reperibilità di molti dei suoi lavori).
Scoccano le dieci, è l'ora di rientrare. Facciamoci forza...
Il Canto del Vuoto Tagliente
Atto secondo
Nurse with Wound & Blind Cave Salamander
Larsen e z'ev
Stasera i torinesi Larsen presentano il loro nuovo spettacolo “In V.tro”, nato dalla collaborazione con z'ev, avanguardista americano e teorico di musica esoterica. Le due entità congiungono le loro forze per allestire uno show all'insegna dell'improvvisazione, volto a musicare le immagini tratte dal documentario di Giuseppe Levi “Lo Sguardo attraverso l'Obiettivo”, basato su materiale visivo risalente agli anni trenta, avente come oggetto lo studio delle culture cellulari.
Il primo a salire sul palco è lo stesso z'ev, che ci delizia con un'affascinante introduzione di sole percussioni. E' la volta dei Larsen, autori di un raffinato “post-rock sperimentale”, una vera toccasana per i nostri spiriti esausti da due giorni di trasferta (e domani si lavora, mica si dorme!). Fra esoterismo, elettronica e psichedelia, il set dei torinesi fila che è una bellezza, non stupendo (perché sempre di avanguardia dei poveri si parla), ma massaggiando gradevolmente le orecchie, mentre immagini di “movimenti cellulari” scorrono frenetiche sullo sfondo.
Una prova di maturità artistica e di grande professionalità. Bravi.
Pausa.
E' la volta di mr Stapleton, che si accascia su una sedia a sinistra del palco imbracciando la sua chitarra elettrica.
L'impresa di stasera è quella di resuscitare lo storico album dei Nurse with Wound “Soliloquy for Lilith”, del 1988, per la prima volta riprodotto sul palco. Ad aiutarlo i Blind Cave Salamander, progetto scaturito dalle menti di Paul Beauchamp (elettronica, sega circolare, armonica) e Fabrizio Modenese Palumbo dei Larsen (chitarra e viola elettrica). Andrew Liles (che il giorno prima aveva partecipato alla festa in musica di David Tibet) si occuperà dei sintetizzatori, mentre al centro campeggia la divina Julia Kent, con un bel violoncello fra le gambe.
Dunque, spiegare a parole quelle che succederà sul palco nella ora successiva è arduo. Partiamo spiegando che “Soliloquy for Lilith” è un album orribilmente ostico, forse il lavoro più enigmatico ed impenetrabile nella vasta produzione artistica di Stapleton: si tratta di un triplo album (!!!), basato sulla reiterazione (ed impercettibili variazioni) di uno stesso tema, un alito di chitarra che ondeggia nel niente per circa due ore e mezzo. Avremo modo, in una apposita recensione, di parlarne in maniera più approfondita. Quel che è importante capire è che tutti i limiti di fruizione di un lavoro del genere vengono alla grande superati da un'opera di ri-arrangiamento che impreziosisce e perfino migliora l'opera da studio.
Per chiarirci le idee: l'impressione è quella di trovarsi nel '73 ad assistere ad uno spettacolo di Klaus Schulze o dei Tangerine Dream: sacro e profano copulano mestamente, aiutati da un supporto visivo di tutto rispetto. Alle spalle dei musicisti si avvicendano scritte incomprensibili, simboli esoterici, stralci di arte figurativa, immagini psichedeliche. Tutto molto lentamente, come la musica, ipnotica, misterica, allucinogena. I landscape elettronici vengono arrotondati dal provvidenziale violoncello della Kent, che disegna nell'aria cerchi concentrici che lentamente avvolgono la mente dello spettatore immerso nel torpore. Stapleton non sembra stare a fare un cazzo, lì nell'angolo a fare gesti idioti sulla sua chitarra. Palumbo si dà da fare, ma anche il suo dimenarsi fra i vari strumenti ci suona alquanto impercettibile.
In realtà questa sorta di mostruosità sonora si evolve, in modo sinuoso, elegante, arricchendosi passo passo di nuovi infinitesimali elementi. E' musica colta quella che stiamo ascoltando, è avanguardia pura, un'esperienza che ha del trascendentale. Ho l'occasione di cogliere nel suo splendore l'esoterismo laico di Stapleton, vivisezionatore del suono, maniaco del particolare, paziente scultore della sfumatura, che individua e trova nella musica, nell'arte più in generale, un medium per trascendere il Reale, non tanto per toccare il Divino, bensì per raggiungere tesori sepolti nell'inconscio.
Mezza platea, beninteso, se la dorme alla grande, piena dimostrazione che per ascoltare certa musica bisogna avere le palle e non solo indossare la maglietta dei Current 93 ed un paio di anfibi. Per molti l'arte dell'estremo è purtroppo una posa; per altri una religione.
Indubbiamente fra i migliori concerti dell'anno, a pari merito con la sublime performance di Christian Fennesz, anch'egli dispensatore di grandi emozioni in quel di Firenze la scorsa primavera.
Via, ripartiamo, la strada per casa è lunga, lunga il giusto per riascoltarsi tutto “Soliloquy for Lilith” durante il viaggio, perché se dobbiamo morire, è bene morire dormendo e fuggire dal dolore...
Carico i commenti... con calma