Siamo in Inghilterra nel 1971 ovvero nel periodo di piena del fiume progressive. In questa terra ed in questo luogo vede la luce un (ennesimo, bisogna dirlo) quartetto, gli Odin, che l'anno successivo danno alle stampe, pochissime per la verità, il loro primo disco, intitolato, ovviamente "Odin", per la mitica etichetta Vertigo. Questo sarà il loro primo ed ultimo lavoro, dato lo scarso successo e l'enorme abbondanza di quartetti progressivi più o meno emergenti ed importanti. Nonostante la reperibilità del CD sia scarsa (non parliamo del vinile!) questo semi-sconosciuto gruppo merita più di un ascolto, non perchè particolarmente virtuoso o originale, ma perchè, a mio avviso, rappresenta quello che era la musica progressiva dell'epoca e, in definitiva, non si può non convenire che la qualità della loro musica non sia elevata.

Lo stile è molto canterburiano, i brani presentano un'alternanza tra suite più articolate (ma mai sopra gli 8 - 10 minuti) e brani più leggeri. La voce è pulita e non ingombrante, le parti strumentali sono spesso accompagnate da chitarra acustica e l'atmosfera generale è rilassata, ma mai soporifera. L'album scorre bene, è ricco di spunti interessanti (mai però geniali), non è ripetitivo anche se, forse, manca quel brano tanto entusiasmante da far gridare al capolavoro.

Il primo brano è "Life Is Only", una bella suite di 10 minuti improntata sulle tastiere, dal ritmo sostenuto e di matrice rock, grazie anche alla presenza di una chitarra elettrica molto "attiva". Probabilmente il miglior pezzo dell'album. Dopo un breve e delicato intermezzo "A Tribute To Frank" inteso come Frank Zappa, ascoltiamo la terza traccia "Turnpike Lane", un brano decisamente insolito per la presenza di cori in stile "sudamericano" che ricordano lontanamente le voci presenti in alcuni brani di Santana o addirittura nei mambo di Perez Prado, il tutto fuso con un accompagnamento progressivo con tanto di assoli. Segue "Be The Man You Are" brano acustico stile Pink Floyd di "Meddle". La quinta traccia è "Gemini", cover dei Quatermass, resa più lunga e meno aggressiva. "Eucalyptus" è un altro intermezzo strumentale morbido che prelude a "Clown" traccia di 8 minuti che chiude elegantemente il disco, godibile anche se non incanta.

Gli Odin non si possono certo considerare degli esponenti di primo livello del periodo d'oro della scuola di Canterbury, nè la loro originalità è tale da farne un gruppo storico od caso unico. A mio avviso, però, sarebbe sbagliato ignorarli completamente, perchè il disco è piacevole, ben suonato, discretamente prodotto e per questo ritengo giusto inserirlo nel data base. Voto 3,5.

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