Gli Old Crow Medicine Show sono di stanza a Nashville, Tennesee, e suonano la tipica musica di Nashville, il country, la tradizione più tradizionale in fatto di musica a stelle e strisce. Fatta eccezione per Hank Williams, Johnny Cash, Willie Nelson, Merle Haggard e pochi altri che non mi sovvengono ora, a me la musica country non piace.

Hanno un discreto seguito, di certo incrementatosi a seguito della vittoria di un Grammy nel 2014 per il migliore album folk dell’anno, «Remedy». Io i Grammy non li ritengo un sinonimo di qualità, tutt’altro.

Impostando una ricerca su un qualsiasi motore, da Google e Yahoo giù giù fino ai più improvvisati, si trovano novanta volte su cento in compagnia di Mumford And Sons e Lumineers. A me i Lumineers piacciono un pochino, i Mumford And Sons per nulla.

Gli Old Crow Medicine Show, al contrario, li considero un gruppo notevole.

Li ho conosciuti per la loro partecipazione ad un concerto celebrativo per il centenario della nascita di Woody Guthrie e, poi, proprio grazie a «Remedy», il loro ottavo lavoro in studio, pubblicato nel 2014, a distanza di sedici dall’esordio solo su cassetta «Transmission». In altre parole, li ho conosciuti decisamente tardi.

Però mi sono documentato un minimo ed ho appreso che citano influenze estese da Bob Dylan e John Hartford agli AC/DC e Guns And Roses. A parte i Gunners, approvo.

Seppur indirettamente devono proprio a Dylan il primo, inatteso incontro con la fama, quando rimaneggiano un brano decisamente minore del menestrello per antonomasia, «Wagon Wheel» composto per la colonna sonora di «Pat Garrett And Billy The Kid», e questo gli vale un disco di platino nel 2013.

Nel 2014 è annunciato «Remedy» e le aspettative sono alte.

Anche perché i soliti bene informati assicurano che sempre Dylan ha regalato loro un brano, composto apposta per l’occasione. Quel brano è «Sweet Amarillo», ballata acustica di buon impatto, facile da mandare a memoria ed assolutamente gradevole. La mano di Dylan si sente, i sentimenti sono quelli che pervadono «John Wesley Harding» e «The Nashville Skyline» ed ancor di più le frequenti sessions intervenute in quegli anni con Johnny Cash. Sia come sia, Dylan è accreditato tra gli autori del brano e sentitamente ringraziato nelle note di copertina dell’album.

Forse quel ringraziamento è anche perché sempre lui, Dylan, chiude entrambi gli occhi davanti a quello spudorato semi-plagio di «Highway 61» che risulta «Brushy Mountain Conjugal Trailer» e che apre «Remedy» nel migliore dei modi possibili.

L’album prosegue altrettanto bene tra scorrazzate nei territori del bluegrass e dello shuffle ed ancora ballate folk a ritmo sostenuto; e quando il ritmo si quieta, i vecchi corvi regalano un brano davvero bello come «Dearly Departed Friend», cui non nuoce neppure la pesante ed altrimenti insopportabile retorica yankee.

Ora, evidentemente gli Old Crow Medicine Show non inventano nulla di nuovo, nel loro tentativo di rivitalizzare una tradizione sovente abusata con un approccio infervorato; ma quello che fanno lo fanno decisamente bene, e non è poco.

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