Che la maggior parte degli artisti musicali australiani non brillassero per originalità era già chiaro. Basti pensare alla Imbruglia, al di lei consorte ed alla sua celeberrima quanto orripilante band, i Silverchair, od ai (molto) migliori seppur derivativi The Go-Betweens o Midnight Oil. Tutto è possibile, per mano australopiteca, persino che questo ricciolone balzato all'attenzione planetaria per una marcetta beat porti un nome d'arte corrispondente al soprannome del fiume Mississipi. E che c'entra il beat inglese col suddetto fiume? Fosse stato il soprannome del Tamigi, semmai...

Eppoi questa marcetta, questa "La"... Ecco, io di marcette ne ho mandate giù proprio tante, dalle vecchie "Parklife" e "In The Country" dei Blur, da "Going Out" dei graditi Supergrass, fino alla pulita "Why Does It Always Rain On Me?" dei Travis, alla sottostimata "Something To Talk About" di Badly Drown Boy, allo scandinavo Robert Post con la sua "Got None", e giù giù fino al beat circense dei Fratellis. Il segreto del successo di queste marcette? Stesso ritmo, stesso incedere in parata, una melodia facile facile, un'interpretazione appunto scanzonata; brani insomma che ti viene voglia di cantare (se te ne viene) a parapapà. E visto che in Italia ed altrove i brani britpop si cantano così, forse i Fratellis c'avranno pure ragione: tanto vale non metterli affatto, nei ritornelli, i versi!

E' dunque arrivato alla stessa conclusione anche questo ragazzo: si canta i suoi quattro versi, tirando fuori una canzoncina così ridotta all'osso, ma così ridotta all'osso, che persino chi questo genere lo ama (io non più) proprio non ce la fa ad apprezzarla appieno: elementare e banale, idiota con quei ridicoli cori da festicciola sbronza (gente che stride, gente che ride...) e che tra l'altro arrivano così presto (ventotto secondi dall'inizio), con quei testi così banali che lo Zecchino d'Oro sembra il premio Tenco... Tutto ciò non esalta, non glorifica, non porta ulteriore lustro bensì ridicolizza la marcetta anglosassone in quanto sottogenere musicale del beat, facendone perdere la nobiltà... Qui infondo c'è in ballo il buon nome non tanto del brit pop anni novanta, piuttosto di brani "serissimi" come "All We Need Is Love", "Yellow Submarine" e "Obladi Oblada", roba cioè su cui sono stati scritti libri!

"Questo genere è una cavolata", sembra asserire il ricciolone mentre canticchia, "e siccome sono tutti scemi, io li frego (e mi frego i loro soldi) e faccio una canzone così scema che più scema di questa non se n'è mai sentita". E c'è proprio riuscito, diremmo noi! Il problema è che la marcetta british, questa scemenza di sottogenere musicale, è quanto di più nobile sia stato prodotto dal pop negli ultimi cinquant'anni! E questo il paradosso, e non certo che si giochi a scrivere il brano più semplice-elementare-idiota della storia! Ecco, l'australiano che si fa chiamare come il Mississipi è il nuovo detentore di questo primato. E chi vorrà infrangere il suo record dovrà sudare, anche perché il titolo del brano primatista è appena "La". Francesco Salvi provò con una canzone, diversi anni orsono, intitolata "A", ma si precisa che non fu una marcetta british.

Dunque, il disco di Old Man River s'intitola "Good Morning", il che è sintomatico di due cose: la prima è che il tipo, come da videoclip, sembra svitatello ma tutto sommato cordiale e di buone maniere; la seconda è che le restanti dieci canzoni differiscono da "La", altrimenti avrebbe trovato senz'altro più facile e conveniente intitolarlo "Lallalla Lallalla Lallalla La La".

Le attinenze con l'Anglosassonia si rivelano presenti anche altrove, ma niente marcette, e tra i Fab Four quello con cui vi sarebbero maggiori sintonie è il compianto Harrison. Basta ascoltare il sitar sparso qua e là, o il beat schitarrato ed armonioso di "Trousers". Il Mississipi fa la sua particina sin da subito, nel sitar-blues semisobrio di "Sunshine" (immaginàtela cantata dalla vocalist dei Morcheeba), ma non fuga il dubbio che il nome d'arte non sia azzeccatissimo. Poi ci si trasferisce, di volta in volta, in California (o è una spiaggia-clone australiana?) della festa-falò di "Summer"; nelle campagne semiodesertiche americane (o è l'outback australiano?) della conclusiva "All The Things", una di quelle ninnananne folk che solo James Iha aveva avuto il coraggio di riproporre in tempi recenti. Quindi si vaga nella Death Valley (o è il walkabout degli aborigeni?) nel blues sottomesso quanto allucinato di "Time". Per il resto vi sono delle "gradevoli sonnolenze", delle (non tutte) piacevoli ballate dalle note luuunghe, in stile Coldplay di "Parachutes", come per "Better Place", che dopo tre minutini si elettrifica appresso a cori in parvenza lontani, o per l'acustica "O. Rein" (che sono rispettivamente l'iniziale del nome, che è Ohad, ed il cognome), in cui il sitar di Harrison sposa la vocalità e le atmosfere di Martin e soci. Manca il pianoforte di "Parachutes": immaginiamo di metterlo dentro a questi pezzi..

Il risultato è un disco carino ma senza grande personalità; orecchiabile ma senza momenti d'eccellenza... Fa piacere e mette buon umore ascoltare canzoni che nessuno ha più il coraggio di scrivere dal 1976 a questa parte, ma ciò non vuol dire che "Good Morning" sia un disco d'un artista che sappia osare! Non è affatto, insomma, un disco a tinte forti, e piuttosto d'una bottiglia di whiskey invecchiato ha il tasso alcolemico di un paio di long drinks al massimo. Ciò significa che il disco è fruibile in quasi ogni occasione, e che, come tutto cio che è "sopravvissuto" (in questo caso agli anni), se ritorna, ritorna indebolito.

Tutto carino, ma tutto per forza di cose docile. Niente di sbronzo, tutto ebbro; niente da sogno, tutto da dormiveglia. A tinte pastello, e niente colori accesi, o psichedelici. Anche il Doors-blues di "Time" è dimesso: suadente, se vuoi incantevole ma "volutamente" dimesso. Anche "La", in fin dei conti, è carina, ma è troppo fasulla.

Chi lo sa?, forse è proprio colpa dell'Australia, una terra troppo lontana da colonizzare, molto più di quanto fu l'America. Magari anche al giorno d'oggi, quando qualcosa lì deve arrivare, che sia inglese o che provenga dalle rive del Mississipi, ci arriva già stanco, diluito, "sfinito". Persino il pop?

Elenco tracce testi e video

01   Sunshine (03:48)

02   Trousers (03:10)

03   Better Place (05:20)

04   Summer (02:45)

05   Believe It (04:01)

06   Wedding Song (04:14)

07   La (03:23)

The sun's coming up in the sky
I'm watching the birds passing on by
It makes me wanna cry
It makes me wanna cry

La la la la la la la la
La la la la la la la la
La la la la la
La la la la la

I'm lying face upon the ground
Watching the clouds running around
It makes me feel so high
It makes me feel so high

La la la la la la la la
La la la la la la la la
La la la la la
La la la la la

La la la la (la la la la)
La la la la (la la la la)
La la la la (la la la la)

La la la la (la la la la)
La la la la (la la la la)
La la la la (la la la la)

One day this trip will surely end
And there's no need to start again
One day this trip will surely end
And there's no need to start again

so leave it all behind
(leave it all behind)
leave it all behind
(leave it all behind)...

08   Long Way From Home (03:12)

09   Time (04:22)

10   Midnight in Queensland (02:29)

11   All the Things (05:25)

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