Novità e tradizione, futurismo vs folklore, originalità e nuove direzioni; proprio un gran bel disco "We Are The Shepherds" (2006): più precisamente una zingarata pazzesca! Dietro al progetto OMFO (Our Man From Odessa) si cela German Popov, producer ucraino emigrato da giovanissimo in quel di Amsterdam, già noto per il precedente (e decisamente più pompato) "Trans Balkan Express" (due tracce sull'OST di Borat, appunto). Popov butta sul pentolone tanta di quella merda che risulta veramente difficile inquadrare in un determinato genere questa release, il che è un bene: significa che si tratta di musica creativa, arte, zero clichè.

"OMFO is a bandit in time and space, transforming ancient melodies into music for cosmonauts and spaceships" si legge su una nota nel booklet. Per fare ciò German si avvale del supporto del maestro Uwe Schmidt, che sorpreso dalle sue produzioni (vicine all'idea di elettronica/latina/rumba che anima alcuni suoi progetti, in particolare Señor Coconut, Lisa Carbon, Midiport) [ma decisamente verso un concept meno esotico e più est-ofilo], decide di mettere mani al progetto. Il suo tocco, il suo animo weird, e il suo cervello glitch si fa sentire eccome!

Il folklore è dunque l'elemento principale dell'idea di Popov, il nostro, insieme alla sua cricca di fidi musicisti-cantanti (oltre ad Uwe ovviamente), si muove soprattutto per territori gipsy, tradizione balcanica, e chiaramente elettronica. Moltissimi strumenti dell'est, moltissimi fiati e strumenti a corda, mandolini, synth giocattolosi, vocoder e talkbox un po ovunque. Un suono che prende dal dub cosiccome dal synth pop, dall'electro Krafwerkiana alla disco music, e ancora idm, polka russa, ska, downtempo, electropop. Tutto questo su uno sfondo assolutamente non serioso, anzi giocoso e dissacrante, talvolta demenziale.

Cosi versi di pecore e vacche dallo spazio, synth malati, bassline a-là Blue Monday e suonetti oldschool brevettano una sorta di electro-balkan-vintage-discomusic su "Choban In Space" e "Shepherd Disco". Il più classico taar si accosta a breaks idm ("Jok De Doi"), mentre marcette zingare e polke russe vengono modernizzate con ritmiche electro-futuriste: "Oxamit" e "Flujerash" affiancano ritmi minimali a fiati caucasi, "Drunk 'n' Space" presenta anche un ponte dub e geniali fiati processati, "Tequila Gang Bang" è una sorta di tropical-ska-polka-gipsy-dance [?!]). Un bel casino non c'è che dire, daltronde dove c'è Schmidt non si ci deve aspettare mai nulla di convenzionale. Come il ragga-dub-tango di "Orbital Hora", "Utomljonnoje Solntse", o la rumba-fusion di "Azerbaijan", ovviamente sempre con strumenti balcanici a fare da riff principale

Accostamenti che sembrerebbero impossibili o dal risultato quantomeno dubbio, invece bisogna ammettere che Popov e Schmidt fanno un buon lavoro affibbiandogli il suo senso logico. Ritmiche da videogioco anni 80 e tastiere da electro primordiale accompagnano il cantato tradizionale di "Dagistan" e quello vocoderizzato di "Voskresenie", con synth moderni ad emulare il veloce (e vecchio come il mondo) susseguirsi di accordi sali-e-scendi della gipsy più brasseggiante

Non cosi futuristico come vorrebbe far credere tutta la serie di dietrologia e concept, con tanto di mille prefazioni sul booklet, su Gagarin, sui pastori, su Laika, sul nuovo mondo. Si tratta di un lavoro comunque interessante e molto originale, che purtroppo si perde un attimo sulle tracce cantate. Tracce consigliate: "Jok De Doi" - "Flujerash"4.5/5

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