Se vuoi che faccia male devi avere il coraggio di affrontarlo.

E questo fa male.

L'uomo a una dimensione esce dalle pagine incollate di un libro che hai lasciato a marcire su in soffitta, pensando che i luoghi utopici fossero finalmente usciti allo scoperto e che non avresti più avuto più bisogno di riguardare quell'essere impossibilitato a muoversi in uno spazio decente attorno a lui, di nuovo oppresso all'eccesso dal tutto/troppo/tanto, asfissiato dal sovraffollamento d'idioti.

L'uomo a una dimensione che è ormai uscito dall porta del soffitto ha dato fuoco al sipario del teatro, non avendo più bisogno dell'inutile hype che si crea alla prima di ogni stramaledetto evento mondano del cazzo.

L'uomo a una dimensione si guarda allo specchio nell'unico modo che gli riesce congeniale e vede che su di sì sono disegnate ormai moltissime cose. Sul suo corpo inconsistente si stagliano i visi di una pletora di persone che non sapevano dove altro andare.

Può leggerci una storia scritta da un australiano di nome Rossmore James Campbell, una storia che strazia, e che viene musicata senza pietà dalla nuova incarnazione dell'uomo a una dimensione: il boss che non farnetica come quando i suoi video vanno in tivvù Pierpaolo Capovilla, che canta senza cantilene che danno ai nervi, intona melodie e storture incarnite, poi il mastro di suoni Giulio Ragno Favero, che taglia la faccia con le chitarre passate in secondo piano da altre parti, che ti fa stare male, e per terzo il nuovo che avanza, l'uomo del noise del sud, Luca Bottigliero, che di norma incarna un certo tipo di "male" con una creatura di nome Mesmerico (ascoltare per credere, spaccano). 

E il dolore si snoda in mille sfumature pestilenti, qui di "italiano" non c'è proprio un cazzo, l'uomo a una dimensione lo sa, e allora distrugge il dancefloor con le chitarre atomiche, i sintetismi, la voce spaziale e le tribalità ciberneticoanali di "Fly" (maestri della danza? Sir Bob Cornelius Rifo e Jacopo Battaglia), sgrana i denti con il groove al piombo di "A Measure Of My Breath", trapassato da fantasmi blues al sapore di fango, con i cori bastardoidali all'unisono di casa Melvins, attorciglia le budella quando sul palco ormai sfondato emerge da un inferno di carbone intossicante il signor Eugene Robinson, che aggroviglia i suoi lamenti a quelli di Capovilla, in una danza birthdaypartyiana, che sfonda il cuore, con mezzo pianto finale, e che ti annienta vestendo i panni di Nick Cave sotto anfetamine con una straziante "Ever Sad A Better Man Reprise" con annessa orchestrina del dolore che accompagna il condannato a morte tra la polvere, il violino e il sax s'insozzano del suo sangue. E in un angolino trova pure una piccola perla a firma Scott Walker, la sofferta e allucinata "Face On Breast".

Per chi ama la lordura, questa è l'orgia giusta. 

Elenco tracce e video

01   A Better Man (02:19)

03   This Crazy (03:47)

04   A Measure of My Breath (02:53)

05   This Hungry Beast (05:58)

06   Ever Smile Again (02:20)

07   The Wine That I Drink (03:12)

08   Ever Sad (03:44)

09   Too Much (02:20)

10   Face on Breast (05:55)

11   This Strange Disease (03:32)

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